Botero 1972

Botero 1972
(Fiammetta Filaci)

Donna Ciccina era stata sempre grassa. Aveva allevato mia madre ed era rimasta quando eravamo nate noi, due gemelle. Ultima di otto fratelli era stata mandata “a servizio” giovanissima e qui era cresciuta sempre pronta a servire tutti. Lavava, cuciva, cucinava e all’occasione fungeva da idraulico, da confidente. Semianalfabeta o come diceva lei “alfabeta”, sapeva appena firmare. “Non è cosa mia” rispondeva a mia madre che voleva istruirla,” io nascii criata e criata vogghiu moriri”.
Inutile spiegarle che imparando a leggere non avrebbe perso l’onore. Il suo idioma era un misto di dialetto e creatività. Un giorno, tornata dal matrimonio di una cugina ci aveva sfiancato con la descrizione della lucertola tenerissima che aveva mangiato, promettendoci che l’avrebbe cucinata presto. Eravamo ancora terrorizzati quando capimmo trattarsi solo del lacerto. Se le si chiedeva cosa facesse il padre, rispondeva orgogliosa “le tette”.
Possibile ci chiedevamo che un chirurgo estetico avesse mandato la sua bambina a servizio? Scoprimmo poi trattarsi dei tetti, era un muratore.
Col tempo si era impadronita della cucina, diventandone padrona assoluta. Ingrassammo tutti, cani e gatti compresi. Al mattino ci svegliamo con l’odore del pane fritto, delle crispelle e della frittata di cipolla. Naturalmente tutto era rigorosamente fritto. “Ciò che non è fritto non si digerisce” asseriva convinta. Se decidevamo di metterci a dieta, era una battaglia persa in partenza. Sul tavolo sparivano carne e pesce e trionfavano le verdure: caponata, parmigiane, sformati di patate, peperoni imbottiti.” Contenti? Ora se non dimagrite è colpa vostra”. I pranzi domenicali erano la prova del fuoco.
Spiava nei piatti per vedere se avessimo mangiato tutto. Quando mia sorella aveva portato a pranzo il nuovo fidanzato, le avevamo spiegato il significato di “vegano”. Non eravamo tranquilli. Lei strillando affermava che aveva cucinato solo quanto richiesto: riso, verdura, frutta. Sul tavolo però arrivarono: fagioli con le cotiche, arancini al ragù, salsiccia con patate, melenzane abbottonate. L’unica eccezione, ribadiva tra i singhiozzi era stata “canticchia di trippa ma con i piselli, leggera leggera”. Oggi che il mio medico mi obbliga a lesinare l’olio, quanto mi piacerebbe veder materializzarsi donna Ciccina. Suonano alla porta, è mia figlia venuta a farmi gli auguri.”
Questa l’ho preparata per te”, alzò il coperchio sicura d’incontrare un bel piatto di verdura lessa ma le lacrime mi scendono copiose “LA CAPONATINA”
Catania 29 aprile 2020    

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