Intervento di Leonina Grossi

Presidente Associazione Nazionale Banche del Tempo, nell’occasione della Festa Convegno delle Banche del Tempo a Catania nel giorno 19 settembre 2021

Non eravamo ancora usciti dalla gravissima crisi economica del primo decennio del secolo, fenomeno che noi poveri mortali non ci aspettavamo e che ci ha fatto prendere un brusco risveglio dal “paese di Bengodi”, luogo della fantasia in cui ci trovavamo da tanto tempo. La crisi aveva comportato la perdita dei posti di lavoro per donne (già ben lontane dagli obiettivi occupazionali fissati dalla carta di Lisbona – 60% delle donne occupate-) e uomini. Il regresso delle Donne nell’occupazione e nella società, il sempre maggiore ricorso al sostegno degli anziani per l’economia familiare, il ritorno al lavoro di cura per le Donne che, disoccupate, non possono permettersi di sostenere il costo veramente esagerato dei servizi per l’infanzia: questi i fenomeni ai quali abbiamo assistito e che abbiamo vissuto in modo repentino.
Ma non solo per questo: purtroppo da sempre nel nostro paese c’è l’idea che dei bambini si debbano occupare solo le donne, come se i figli li avessero generati da sole!
I fanciulli per crescere in modo armonico hanno bisogno della cura e della presenza della mamma e del papà!
Poi…dalla padella nella brace!
Lentamente si è saputo di una nuova epidemia in Cina. Sembrava non ci dovesse toccare, lo dicevano anche autorevoli ministri e parlamentari! La Cina era lontana… da noi l’epidemia non sarebbe arrivata! E invece:
– il Covid 19,
– l’isolamento,
– la violenza, gli stupri, la morte violenta delle donne, favoriti dall’isolamento,
– la chiusura dei negozi e dei luoghi di lavoro,
– la scuola a distanza,
– le morti in solitudine,
– le mascherine,
– il distanziamento sociale,
– la paura dell’ignoto,
– il telelavoro,
– i servizi chiusi …
E allora, con quel sistema “fai da te” o meglio, con l’uso della fantasia creativa, in cui gli italiani sono insuperabili, si sono trovate altre possibilità di soluzione, altre vie d’uscita dalla solitudine: cantare sulle terrazze di casa l’inno nazionale per dirci (anche da lontano) che ci siamo, che passerà; scambiarci le ricette o i consigli on line; fare sportelli su materie che piacciono; i laboratori di manualità; di teatro; di arte; fare le spese di materiali alimentari alle persone ammalate lasciando le borse delle spese appese alle recinzioni, senza entrare; leggere poesie; cantare; suonare; raccontare favole; creare spazi di ascolto telefonico per far sentire le persone meno sole … quante cose hanno inventato le donne e gli uomini e quante cose hanno sperimentato e diffuso per prime le Banche del Tempo! Quelle Banche che, al loro interno hanno una prevalenza ed un’altissima percentuale di donne.
La riscoperta e la pratica di sistemi antichi, ancora socialmente validissimi: l’ascolto, la cura, i rapporti di buon vicinato allargato, l’amicizia, la speranza, l’urlare a pieni polmoni: noi siamo vivi e non siamo soli, noi siamo qui per te!
Così le donne e le BdT hanno iniziato, così hanno proseguito fino ad ora, partendo nell’immediato dopo Covid da dati veramente pesanti, soprattutto per le donne. Per molte lavoratrici la famiglia ed il lavoro di cura rimangono difficili da conciliare con l’attività professionale, imponendo scelte non facili. E COVID-19, malgrado o forse proprio in virtù dei suoi pesanti effetti sull’occupazione femminile, può essere l’occasione per la riflessione e la creatività, diventando l’occasione per potenziare gli strumenti volti a favorire la conciliazione dei tempi.
E per quanto l’argomento non possa certo essere esaurito analizzando solo una delle sue molteplici componenti – ma anche con argomenti altrettanto centrali per il Paese, come sostenibilità ambientale e sociale, qualità e impatto dei fenomeni migratori, andamento della spesa assistenziale, nascite) – è indubbio che tra i nodi centrali da sciogliere, per provare quantomeno a venirne a capo, ci siano occupazione femminile e conciliazione vita-lavoro. 
Conciliazione che – va detto – di per sé non dovrebbe conoscere genere ma che, numeri alla mano, si tinge inevitabilmente di rosa, specie in Italia, per ragioni storiche e culturali
Una domanda sorge allora spontanea: ben noti i trend pre-emergenza, in che modo la pandemia ha inciso su queste dinamiche? La crisi sanitaria ha pesantemente danneggiato il mercato del lavoro italiano con particolare riferimento alle categorie che già pre-COVID si erano dimostrate più fragili, tra cui proprio le donne. La percentuale di lavoratrici che ha perso il lavoro nel 2020 è stata doppia rispetto a quella degli uomini, tanto che il gap di genere sul tasso di occupazione è aumentato di mezzo punto, passando da quota 17,8 a quota 18,3 punti. 
Le donne sono poi risultate più penalizzate anche nelle nuove assunzioni, faticando più dei lavoratori maschi a reinserirsi nel mercato dopo il primo isolamento sociale: nel secondo trimestre 2020, la riduzione tendenziale delle attivazioni dei rapporti di lavoro delle donne supera di 6,2 punti percentuali il calo osservato per la componente maschile (rispettivamente, -49,0%- e 42,7%). Sempre le lavoratrici, insieme ai giovani fino ai 24 anni di età, sono infine tra le “categorie” ad aver aspettato il maggior tempo prima di trovare una nuova occupazione, con distanze rispettivamente pari a 99 e 100 giorni, 21 e 22 in più rispetto al 2019. 
D’altra parte, però, l’emergenza se ha ampliato i carichi familiari (si pensi ad esempio alle scuole chiuse), ha anche imposto il passaggio repentino alla sperimentazione del lavoro da remoto in molti settori cui non si era affatto preparati. E, guardando anche ai recenti provvedimenti legislativi in materia, si prefigurano ora le condizioni perché, se non altro nelle realtà aziendali in grado di compiere tutti gli sforzi tecnologici e organizzativi necessari dal telelavoro ad altre soluzioni di flessibilità nella gestione dei tempi e degli spazi di lavoro vengano mantenuti e promossi anche in condizioni di “normalità”, segnando un punto importante per quei lavoratori, e soprattutto quelle lavoratrici, che si ritrovano a dover conciliare doveri professionali e cura familiare. 
È insomma evidente come le donne abbiano sofferto e soffrano tuttora più degli uomini la crisi occupazionale innescata da COVID-19, ma più per ragioni pregresse al virus che a causa dello stesso. Il quale può anzi ora contribuire a dirottare risorse (il PNRR) al servizio di misure a sostegno della partecipazione femminile al mercato del lavoro e mirate ad agevolare la conciliazione dei tempile quali potrebbero, a propria volta, rivelarsi una buona leva per la natalità, sviluppando finalmente un contesto socio-economico nel quale le famiglie e soprattutto le madri non debbano sentirsi in qualche misura “costrette” a sacrificare la professione in favore della vita familiare, o viceversa. 
A una fondamentale condizione: quella di privilegiare strumenti concreti, strutturali e proattivi, come lavoro agile, asili nido e defiscalizzazione per baby sitter e collaboratori familiari, a misure monetarie e/o a debito come l’assegno unico universale.
Ma perché questo mio desiderio, che potrebbe sembrare insistente e “sfrenato”, di inviare a tutti i costi e di incentivare l’ingresso delle Donne al lavoro?
I dati europei hanno dimostrato che il solo raggiungimento dalla parte delle D. ci trarrebbe fuori, come nazione, da livelli di PIL odierno praticamente inesistenti, ad avere un prodotto interno lordo quantificabile intorno al 10 -12%, che di per sé significa: AMPIAMENTE FUORI DALLA CRISI! Questo è ciò che ci hanno insegnato paesi come Norvegia e Svezia dove l’occupazione fra Donne e Uomini è al massimo ed è paritaria. Poi, visto che nel mondo delle Banche del Tempo (di queste parliamo) c’è ricchezza di competenze ed una filosofia di vita migliore, perché non mettere a frutto la nostra ricchezza e diffondere il nostro modello? Oltre alla conciliazione dei tempi abbiamo tanti altri bisogni, tanti desiderata per le necessità degli uomini italiani e delle Donne (sulle cui spalle ricade praticamente il peso del sostegno della maggior parte del welfare sociale e familiare.
Molte volte mi chiedo come sia mai possibile o come si possa pensare e pretendere che sulle spalle di una persona della mia età debbano gravare la cura dei nipoti, il supporto ai figli che lavorano, dei genitori anziani (quando ci sono), del marito infermo e di se stessi, quando le forze ogni giorno stanno scemando?
E la trasmissione del ricordo, del passato, delle tradizioni ai giovani chi lo fa, visto che chi non conosce il passato ha difficoltà a vivere il presente ed ancor di più a scrivere il futuro?
Quante possibilità di lavoro e di scambio del tempo, invece, con le BdT per D.e U.!
 Ma non solo questo: prendendo buon esempio dalle BdT, offrire ed utilizzare sistemi alternativi ricchi di con competenza e con lo scambio del tempo.
Perché non creare una rete locale, regionale o anche nazionale delle BdT a sostegno della conciliazione dei tempi?
Perché ad esempio, continuare ad offrire servizi ormai obsoleti, più adeguati alla tipologia degli orari di lavoro in voga negli anni ’50 che alle reali necessità del terzo millennio? Il lavoro di mamme e papà non si svolge più negli orari classici 8/14, ma ci sono orari diversissimi. Le attività possono essere anche solo al mattino, o solo al pomeriggio o anche dalle 12 alle 19… e dove si devono mettere i bambini, se i servizi non sono adeguati e se non ci sono parenti a sostegno della famigliola? E perché i bimbi dovrebbero frequentare la scuola per l’infanzia quando la mamma non lavora, oppure chi li va a ritirare alle 15,30 se la mamma lavora fino alle 17? Ecco: queste e tante altre sono le mansioni, in regime di scambio, che le BdT sarebbero nelle condizioni di mettere in campo, attraverso convenzioni con gli Enti!

Ecco quindi un nuovo tempo per il tempo dello scambio nelle Banche del Tempo!!!!

Catania 19 settembre 2021