D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117

Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;
Vista la legge 6 giugno 2016, n. 106, recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale ed in particolare l’articolo 1, comma 2, lettera b), che prevede il riordino e la revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore di cui al comma 1 del medesimo articolo, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito Codice del Terzo settore;
Visti gli articoli 2, 3, 4, 5, 7 e 9 della citata legge, recanti i principi e i criteri direttivi, generali e particolari, di esercizio della delega relativa alla riforma del Terzo settore;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 12 maggio 2017;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 31 maggio 2017;
Vista la mancata intesa in sede di Conferenza unificata, nella seduta del 20 giugno 2017;
Acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 28 giugno 2017;
Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

EMANA
il seguente decreto legislativo:
Titolo I
Disposizioni generali

Art. 1. Finalità ed oggetto

  1. Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, il presente Codice provvede al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore.

Art. 2. Principi generali

  1. E’ riconosciuto il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne è promosso lo sviluppo salvaguardandone la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l’apporto originale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli enti locali.

Art. 3. Norme applicabili

  1. Le disposizioni del presente Codice si applicano, ove non derogate ed in quanto compatibili, anche alle categorie di enti del Terzo settore che hanno una disciplina particolare.
  2. Per quanto non previsto dal presente Codice, agli enti del Terzo settore si applicano, in quanto compatibili, le norme del Codice civile e le relative disposizioni di attuazione.
  3. Salvo quanto previsto dal Capo II del Titolo VIII, le disposizioni del presente Codice non si applicano agli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153.

Titolo II
Degli enti del terzo settore in generale

Art. 4. Enti del Terzo settore

  1. Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore. (2)
  2. Non sono enti del Terzo settore le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile alla cui disciplina si provvede ai sensi dell’articolo 32, comma 4. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente comma i corpi volontari dei vigili del fuoco delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione autonoma della Valle d’Aosta. Sono altresì escluse dall’ambito di applicazione del presente comma le associazioni o fondazioni di diritto privato ex Ipab derivanti dai processi di trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza o beneficenza, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 1990, e del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, in quanto la nomina da parte della pubblica amministrazione degli amministratori di tali enti si configura come mera designazione, intesa come espressione della rappresentanza della cittadinanza, e non si configura quindi mandato fiduciario con rappresentanza, sicché è sempre esclusa qualsiasi forma di controllo da parte di quest’ultima. (3)
  3. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del presente decreto si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 5, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, recepisca le norme del presente Codice e sia depositato nel Registro unico nazionale del Terzo settore. Per lo svolgimento di tali attività deve essere costituito un patrimonio destinato e devono essere tenute separatamente le scritture contabili di cui all’articolo 13.

(2) Comma così modificato dall’ art. 2, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(3) Comma così modificato dall’ art. 11-sexies, comma 2, D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12

Art. 5. Attività di interesse generale

1. Gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, le attività aventi ad oggetto:

  1. interventi e servizi sociali ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni;
  2. interventi e prestazioni sanitarie;
  3. prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni;
  4. educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;
  5. .interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, nonché alla tutela degli animali e prevenzione del randagismo, ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281; (4)
  6. interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;
  7. formazione universitaria e post-universitaria;
  8. ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
  9. organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;
  10. radiodiffusione sonora a carattere comunitario, ai sensi dell’articolo 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni;
  11. organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;
  12. formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della povertà educativa;
  13. servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da enti del Terzo settore;
  14. cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, e successive modificazioni;
  15. attività commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell’ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un’area economica svantaggiata, situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a promuovere l’accesso del produttore al mercato e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l’obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai lavoratori di condurre un’esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile;
  16. servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106;
  17. alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture del 22 aprile 2008, e successive modificazioni, nonché ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;
  18. accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;
  19. agricoltura sociale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 18 agosto 2015, n. 141, e successive modificazioni;
  20. organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;
  21. beneficenza, sostegno a distanza, cessione gratuita di alimenti o prodotti di cui alla legge 19 agosto 2016, n. 166, e successive modificazioni, o erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale a norma del presente articolo;
  22. promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata;
  23. promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonché dei diritti dei consumatori e degli utenti delle attività di interesse generale di cui al presente articolo, promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco, incluse le banche dei tempi di cui all’articolo 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53, e i gruppi di acquisto solidale di cui all’articolo 1, comma 266, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
  24. cura di procedure di adozione internazionale ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184;
  25. protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni;
  26. riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.
    2. Tenuto conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 6 giugno 2016, n. 106, nonché delle finalità e dei principi di cui agli articoli 1 e 2 del presente Codice, l’elenco delle attività di interesse generale di cui al comma 1 può essere aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione del decreto, decorsi i quali quest’ultimo può essere comunque adottato.

(4) Lettera così modificata dall’ art. 3, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018

Art. 6. Attività diverse
1. Gli enti del Terzo settore possono esercitare attività diverse da quelle di cui all’articolo 5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita
la Cabina di regia di cui all’articolo 97, tenendo conto dell’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto all’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale.

Art. 7. Raccolta fondi
1. Per raccolta fondi si intende il complesso delle attività ed iniziative poste in essere da un ente del Terzo settore al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva.
2. Gli enti del Terzo settore, possono realizzare attività di raccolta fondi anche in forma organizzata e continuativa, anche mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore, impiegando risorse proprie e di terzi, inclusi volontari e dipendenti, nel rispetto dei principi di verità, trasparenza e correttezza nei rapporti con i sostenitori e il pubblico, in conformità a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro  delle politiche sociali, sentiti la Cabina di regia di cui all’articolo 97 e il Consiglio nazionale del Terzo settore.

Art. 8. Destinazione del patrimonio ed assenza di scopo di lucro
1. Il patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
2. Ai fini di cui al comma 1, è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo.
3. Ai sensi e per gli effetti del comma 2, si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili:
a) la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;
b) la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h);
c) l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
d) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale di cui all’articolo 5;
e) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Art. 9. Devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento
1. In caso di estinzione o scioglimento, il patrimonio residuo è devoluto, previo parere positivo dell’Ufficio di cui all’articolo 45, comma 1, e salva diversa destinazione imposta dalla legge, ad altri enti del Terzo settore secondo le disposizioni statutarie o dell’organo sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale. Il parere è reso entro trenta giorni dalla data di ricezione della richiesta che l’ente interessato è tenuto a inoltrare al predetto Ufficio con raccomandata a/r o secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, decorsi i quali il parere si intende reso positivamente. Gli atti di devoluzione del patrimonio residuo compiuti in assenza o in difformità dal parere sono nulli.

Art. 10. Patrimoni destinati ad uno specifico affare
1. Gli enti del Terzo settore dotati di personalità giuridica ed iscritti nel registro delle imprese possono costituire uno o più patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi e per gli effetti degli articoli 2447-bis e seguenti del codice civile.

Art. 11. Iscrizione
1. Gli enti del Terzo settore si iscrivono nel registro unico nazionale del Terzo settore ed indicano gli estremi dell’iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.
2. Oltre che nel registro unico nazionale del Terzo settore, gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese.
3. Per le imprese sociali, l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese soddisfa il requisito dell’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore.

Art. 12. Denominazione sociale
1. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di ente del Terzo settore o l’acronimo ETS. Di tale indicazione deve farsi uso negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli enti di cui all’articolo 4, comma 3.
3. L’indicazione di ente del Terzo settore o dell’acronimo ETS, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti diversi dagli enti del Terzo settore.

Art. 13. Scritture contabili e bilancio
1. Gli enti del Terzo settore devono redigere il bilancio di esercizio formato dallo stato patrimoniale, dal rendiconto gestionale, con l’indicazione, dei proventi e degli oneri, dell’ente, e dalla relazione di missione che illustra le poste di bilancio, l’andamento economico e gestionale dell’ente e le modalità di perseguimento delle finalità statutarie (5).
2. Il bilancio degli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate inferiori a 220.000,00 euro può essere redatto nella forma del rendiconto per cassa. (6)
3. Il bilancio di cui ai commi 1 e 2 deve essere redatto in conformità alla modulistica definita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il consiglio nazionale del terzo settore. (8)
4. Gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale devono tenere le scritture contabili di cui all’articolo 2214 del codice civile.
5. Gli enti del Terzo settore di cui al comma 4 devono redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile.
6. L’organo di amministrazione documenta il carattere secondario e strumentale delle attività di cui all’articolo 6 a seconda dei casi, nella relazione di missione o in una annotazione in calce al rendiconto per cassa o nella nota integrativa al bilancio. (7)
7. Gli enti del Terzo settore non iscritti nel registro delle imprese devono depositare il bilancio presso il registro unico nazionale del Terzo settore.
(5) Comma così modificato dall’ art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(6) Comma così modificato dall’ art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(7) Comma così modificato dall’ art. 4, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(8) Per l’adozione della modulistica prevista dal presente comma vedi il D.M. 5 marzo 2020.

Art. 14. Bilancio sociale
1. Gli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate superiori ad 1 milione di euro devono depositare presso il registro unico nazionale del Terzo settore, e pubblicare nel proprio sito internet, il bilancio sociale redatto secondo linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti la Cabina di regia di cui all’articolo 97 e il Consiglio nazionale del Terzo settore, e tenendo conto, tra gli altri elementi, della natura dell’attività esercitata e delle dimensioni dell’ente, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte. (9)
2. Gli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate superiori a centomila euro annui devono in ogni caso pubblicare annualmente e tenere aggiornati nel proprio sito internet, o nel sito internet della rete associativa di cui all’articolo 41 cui aderiscano, gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati.
(9) Le linee guida previste dal presente comma sono state adottate con D.M. 4 luglio 2019.

Art. 15. Libri sociali obbligatori
1. Oltre le scritture prescritte negli articoli 13, 14 e 17, comma 1, gli enti del Terzo settore devono tenere:
a) il libro degli associati o aderenti;
b) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, in cui devono essere trascritti anche i verbali redatti per atto pubblico;
c) il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo di amministrazione, dell’organo di controllo, e di eventuali altri organi sociali.
2. I libri di cui alle lettere a) e b) del comma 1, sono tenuti a cura dell’organo di amministrazione. I libri di cui alla lettera c) del comma 1, sono tenuti a cura dell’organo cui si riferiscono.
3. Gli associati o gli aderenti hanno diritto di esaminare i libri sociali, secondo le modalità previste dall’atto costitutivo o dallo statuto.
4. Il comma 3 non si applica agli enti di cui all’articolo 4, comma 3.

Art. 16. Lavoro negli enti del Terzo settore
1. I lavoratori degli enti del Terzo settore hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In ogni caso, in ciascun ente del Terzo settore, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto uno a otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Gli enti del Terzo settore danno conto del rispetto di tale parametro nel proprio bilancio sociale o, in mancanza, nella relazione di cui all’articolo 13, comma 1.

Titolo III
Del volontario e dell’attività di volontariato

Art. 17. Volontario e attività di volontariato
1. Gli enti del Terzo settore possono avvalersi di volontari nello svolgimento delle proprie attività e sono tenuti a iscrivere in un apposito registro i volontari che svolgono la loro attività in modo non occasionale.
2. Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà.
3. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario.
4. Ai fini di cui al comma 3, le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate anche a fronte di una autocertificazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, purché non superino l’importo di 10 euro giornalieri e 150 euro mensili e l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle attività di volontariato aventi ad oggetto la donazione di sangue e di organi.
5. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli operatori che prestano attività di soccorso per le organizzazioni di cui all’articolo 76 della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7, della Provincia autonoma di Bolzano e di cui all’articolo 55-bis della legge provinciale 19 luglio 1990, n. 23, della Provincia autonoma di Trento. (10) (12)
6. Ai fini del presente Codice non si considera volontario l’associato che occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni.
6-bis. I lavoratori subordinati che intendano svolgere attività di volontariato in un ente del Terzo settore hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l’organizzazione aziendale. (11)
7. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano agli operatori volontari del servizio civile universale, al personale impiegato all’estero a titolo volontario nelle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, nonché agli operatori che prestano le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74 (10) Comma così modificato dall’ art. 5, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(11) Comma inserito dall’ art. 5, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(12) Sull’applicabilità del regime di incompatibilità di cui al presente comma vedi l’ art. 2-septies, comma 1, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

Art. 18. Assicurazione obbligatoria
1. Gli enti del Terzo settore che si avvalgono di volontari devono assicurarli contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente Codice, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche, e sono disciplinati i relativi controlli.
3. La copertura assicurativa è elemento essenziale delle convenzioni tra gli enti del Terzo settore e le amministrazioni pubbliche, e i relativi oneri sono a carico dell’amministrazione pubblica con la quale viene stipulata la convenzione.

Art. 19. Promozione della cultura del volontariato
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nei limiti delle risorse disponibili, promuovono la cultura del volontariato, in particolare tra i giovani, anche attraverso apposite iniziative da svolgere nell’àmbito delle strutture e delle attività scolastiche, universitarie ed extrauniversitarie, valorizzando le diverse esperienze ed espressioni di volontariato, anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato e di altri enti del Terzo settore, nelle attività di sensibilizzazione e di promozione.
2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, definisce con decreto i criteri per il riconoscimento in àmbito scolastico e lavorativo delle competenze acquisite nello svolgimento di attività o percorsi di volontariato.
3. Ai fini del conseguimento di titoli di studio, le Università possono riconoscere, nei limiti previsti dalla normativa vigente, crediti formativi a favore degli studenti che abbiano svolto attività di volontariato certificate nelle organizzazioni di volontariato o in altri enti del Terzo settore rilevanti per la crescita professionale e per il curriculum degli studi.
4. All’articolo 10, comma 2, della legge 6 marzo 2001, n. 64, dopo le parole «che prestano il servizio civile o il servizio militare di leva», sono inserite le seguenti: «o attività di volontariato in enti del Terzo settore iscritti nel Registro unico nazionale per un numero di ore regolarmente certificate».

Titolo IV
Delle associazioni e delle fondazioni del terzo settore
Capo I
Disposizioni generali

Art. 20. Ambito di applicazione
1. Le disposizioni del presente titolo si applicano a tutti gli enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione.

Capo II
Della costituzione

Art. 21. Atto costitutivo e statuto
1. L’atto costitutivo deve indicare la denominazione dell’ente; l’assenza di scopo di lucro e le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite; l’attività di interesse generale che costituisce l’oggetto sociale; la sede legale il patrimonio iniziale ai fini dell’eventuale riconoscimento della personalità giuridica; le norme sull’ordinamento, l’amministrazione e la rappresentanza dell’ente; i diritti e gli obblighi degli associati, ove presenti; i requisiti per l’ammissione di nuovi associati, ove presenti, e la relativa procedura, secondo criteri non discriminatori, coerenti con le finalità perseguite e l’attività di interesse generale svolta; la nomina dei primi componenti degli organi sociali obbligatori e, quando previsto, del soggetto incaricato della revisione legale dei conti; le norme sulla devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento o di estinzione; la durata dell’ente, se prevista.
2. Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento dell’ente, anche se forma oggetto di atto separato, costituisce parte integrante dell’atto costitutivo. In caso di contrasto tra le clausole dell’atto costitutivo e quelle dello statuto prevalgono le seconde.

Art. 22. Acquisto della personalità giuridica
1. Le associazioni e le fondazioni del Terzo settore possono, in deroga al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, acquistare la personalità giuridica mediante l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi del presente articolo. (13)
1-bis. Per le associazioni e fondazioni del Terzo settore già in possesso della personalità giuridica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, che ottengono l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi delle disposizioni del presente articolo e nel rispetto dei requisiti ivi indicati, l’efficacia dell’iscrizione nei registri delle persone giuridiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 è sospesa fintanto che sia mantenuta l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Nel periodo di sospensione, le predette associazioni e fondazioni non perdono la personalità giuridica acquisita con la pregressa iscrizione e non si applicano le disposizioni di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000. Dell’avvenuta iscrizione al registro unico nazionale del Terzo settore nonché dell’eventuale successiva cancellazione, è data comunicazione, da parte dell’ufficio di cui all’articolo 45 competente, entro 15 giorni, alla Prefettura o alla Regione o Provincia autonoma competente. (14)
2. Il notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo di una associazione o di una fondazione del Terzo settore, o la pubblicazione di un testamento con il quale si dispone una fondazione del Terzo settore, verificata la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la costituzione dell’ente, ed in particolare dalle disposizioni del presente Codice con riferimento alla sua natura di ente del Terzo settore, nonché del patrimonio minimo di cui al comma 4, deve depositarlo, con i relativi allegati, entro venti giorni presso il competente ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore, richiedendo l’iscrizione dell’ente. L’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive l’ente nel registro stesso.
3. Se il notaio non ritiene sussistenti le condizioni per la costituzione dell’ente o il patrimonio minimo, ne dà comunicazione motivata, tempestivamente e comunque non oltre il termine di trenta giorni, ai fondatori, o agli amministratori dell’ente. I fondatori, o gli amministratori o, in mancanza ciascun associato, nei trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione del notaio, possono domandare all’ufficio del registro competente di disporre l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Se nel termine di sessanta giorni dalla presentazione della domanda l’ufficio del registro non comunica ai richiedenti il motivato diniego, ovvero non chiede di integrare la documentazione o non provvede all’iscrizione, questa si intende negata.
4. Si considera patrimonio minimo per il conseguimento della personalità giuridica una somma liquida e disponibile non inferiore a 15.000 euro per le associazioni e a 30.000 euro per le fondazioni. Se tale patrimonio è costituito da beni diversi dal denaro, il loro valore deve risultare da una relazione giurata, allegata all’atto costitutivo, di un revisore legale o di una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro.
5. Quando risulta che il patrimonio minimo di cui al comma 4 è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, l’organo di amministrazione, e nel caso di sua inerzia, l’organo di controllo, ove nominato, devono senza indugio, in un’associazione, convocare l’assemblea per deliberare, ed in una fondazione deliberare la ricostituzione del patrimonio minimo oppure la trasformazione, la prosecuzione dell’attività in forma di associazione non riconosciuta, la fusione o lo scioglimento dell’ente.
6. Le modificazioni dell’atto costitutivo e dello statuto devono risultare da atto pubblico e diventano efficaci con l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Il relativo procedimento di iscrizione è regolato ai sensi dei commi 2 e 3.
7. Nelle fondazioni e nelle associazioni riconosciute come persone giuridiche, per le obbligazioni dell’ente risponde soltanto l’ente con il
suo patrimonio.
(13) Comma così modificato dall’ art. 6, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(14) Comma inserito dall’ art. 6, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Capo III
Dell’ordinamento e della amministrazione

Art. 23. Procedura di ammissione e carattere aperto delle associazioni
1. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, in un’associazione, riconosciuta o non riconosciuta, del Terzo settore l’ammissione di un nuovo associato è fatta con deliberazione dell’organo di amministrazione su domanda dell’interessato. La deliberazione è comunicata all’interessato ed annotata nel libro degli associati.
2. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, l’organo competente ai sensi del comma 1 deve entro sessanta giorni motivare la deliberazione di rigetto della domanda di ammissione e comunicarla agli interessati.
3. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, chi ha proposto la domanda può entro sessanta giorni dalla comunicazione della deliberazione di rigetto chiedere che sull’istanza si pronunci, l’assemblea o un altro organo eletto dalla medesima, che deliberano sulle domande non accolte, se non appositamente convocati, in occasione della loro successiva convocazione.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle fondazioni del Terzo settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, in quanto compatibili ed ove non derogate dallo statuto.

Art. 24. Assemblea
1. Nell’assemblea delle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore hanno diritto di voto tutti coloro che sono iscritti da almeno tre mesi nel libro degli associati, salvo che l’atto costitutivo o lo statuto non dispongano diversamente.
2. Ciascun associato ha un voto. Agli associati che siano enti del Terzo settore l’atto costitutivo o lo statuto possono attribuire più voti, sino ad un massimo di cinque, in proporzione al numero dei loro associati o aderenti. Si applica l’articolo 2373 del codice civile, in quanto compatibile.
3. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, ciascun associato può farsi rappresentare nell’assemblea da un altro associato mediante delega scritta, anche in calce all’avviso di convocazione. Ciascun associato può rappresentare sino ad un massimo di tre associati nelle associazioni con un numero di associati inferiore a cinquecento e di cinque associati in quelle con un numero di associati non inferiore a cinquecento. Si applicano i commi quarto e quinto dell’articolo 2372 del codice civile, in quanto compatibili.
4. L’atto costitutivo o lo statuto possono prevedere l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica, purché sia possibile verificare l’identità dell’associato che partecipa e vota.
5. L’atto costitutivo o lo statuto delle associazioni che hanno un numero di associati non inferiore a cinquecento possono prevedere e disciplinare la costituzione e lo svolgimento di assemblee separate, comunque denominate, anche rispetto a specifiche materie ovvero in presenza di particolari categorie di associati o di svolgimento dell’attività in più ambiti territoriali. A tali assemblee si applicano le disposizioni di cui ai commi terzo, quarto, quinto e sesto dell’articolo 2540 del codice civile, in quanto compatibili.
6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle fondazioni del Terzo settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, in quanto compatibili ed ove non derogate dallo statuto.

Art. 25. Competenze inderogabili dell’assemblea
1. L’assemblea delle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore:
a) nomina e revoca i componenti degli organi sociali;
b) nomina e revoca, quando previsto, il soggetto incaricato della revisione legale dei conti;
c) approva il bilancio;
d) delibera sulla responsabilità dei componenti degli organi sociali e promuove azione di responsabilità nei loro confronti;
e) delibera sull’esclusione degli associati, se l’atto costitutivo o lo statuto non attribuiscono la relativa competenza ad altro organo eletto dalla medesima;
f) delibera sulle modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto;
g) approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari;
h) delibera lo scioglimento, la trasformazione, la fusione o la scissione dell’associazione;
i) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto alla sua competenza.
2. Gli atti costitutivi o gli statuti delle associazioni che hanno un numero di associati non inferiore a cinquecento possono disciplinare le competenze dell’assemblea anche in deroga a quanto stabilito al comma precedente, nel rispetto dei principi di democraticità, pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettività delle cariche sociali.
3. Lo statuto delle fondazioni del Terzo settore può attribuire all’organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, di cui preveda la costituzione la competenza a deliberare su uno o più degli oggetti di cui al comma 1, nei limiti in cui ciò sia compatibile con la natura dell’ente quale fondazione e nel rispetto della volontà del fondatore.

Art. 26. Organo di amministrazione
1. Nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore deve essere nominato un organo di amministrazione. Salvo quanto previsto dall’articolo 25, comma 2, la nomina degli amministratori spetta all’assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori che sono nominati nell’atto costitutivo.
2. La maggioranza degli amministratori è scelta tra le persone fisiche  associate ovvero indicate dagli enti giuridici associati. Si applica l’articolo 2382 del codice civile.
3. L’atto costitutivo o lo statuto possono subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di rappresentanza o reti associative del Terzo settore. Si applica in tal caso l’articolo 2382 del codice civile.
4. L’atto costitutivo o lo statuto possono prevedere che uno o più amministratori siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie di associati.
5. La nomina di uno o più amministratori può essere attribuita  dall’atto costitutivo o dallo statuto ad enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, ad enti di cui all’articolo 4, comma 3, o a lavoratori o  utenti dell’ente. In ogni caso, la nomina della maggioranza degli amministratori è, salvo quanto previsto dall’articolo 25, comma 2, riservata all’assemblea.
6. Gli amministratori, entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina, devono chiederne l’iscrizione nel Registro unico nazionale del terzo settore, indicando per ciascuno di essi il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali di essi è attribuita la rappresentanza dell’ente, precisando se disgiuntamente o congiuntamente.
7. Il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori è generale. Le limitazioni del potere di rappresentanza non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore o se non si prova che i terzi ne erano a conoscenza.
8. Nelle fondazioni del Terzo settore deve essere nominato un organo  di amministrazione. Si applica l’articolo 2382 del codice civile. Si applicano i commi 3, 6 e 7. Nelle fondazioni del Terzo settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, possono trovare applicazione, in quanto compatibili, i commi 4 e 5.

Art. 27. Conflitto di interessi
1. Al conflitto di interessi degli amministratori si applica l’articolo 2475-ter del codice civile.

Art. 28. Responsabilità
1. Gli amministratori, i direttori generali, i componenti dell’organo di controllo e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti rispondono nei confronti dell’ente, dei creditori sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi, ai sensi degli articoli 2392, 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis, 2395, 2396 e 2407 del codice civile e dell’articolo 15 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, in quanto compatibili. (15)
(15) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 29. Denunzia al tribunale e ai componenti dell’organo di controllo
1. Almeno un decimo degli associati, l’organo di controllo, il soggetto incaricato della revisione legale dei conti ovvero il pubblico ministero
possono agire ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile, in quanto compatibile.
2. Ogni associato, ovvero almeno un decimo degli associati nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, che hanno più di 500 associati, può denunziare i fatti che ritiene censurabili all’organo di controllo, se nominato, il quale deve tener conto della denunzia nella relazione all’assemblea. Se la denunzia è fatta da almeno un ventesimo degli associati dell’ente, l’organo di controllo deve agire ai sensi dell’articolo 2408, secondo comma, del codice civile.
3. Il presente articolo non si applica agli enti di cui all’articolo 4, comma 3.

Art. 30. Organo di controllo
1. Nelle fondazioni del Terzo settore deve essere nominato un organo di controllo, anche monocratico.
2. Nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore, la nomina di un organo di controllo, anche monocratico, è obbligatoria quando siano superati per due esercizi consecutivi due dei seguenti limiti:
a) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 110.000,00 euro;
b) ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate: 220.000,00 euro;
c) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.
3. L’obbligo di cui al comma 2 cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.
4. La nomina dell’organo di controllo è altresì obbligatoria quando siano stati costituiti patrimoni destinati ai sensi dell’articolo 10.
5. Ai componenti dell’organo di controllo si applica l’articolo 2399 del codice civile. I componenti dell’organo di controllo devono essere scelti tra le categorie di soggetti di cui all’articolo 2397, comma secondo, del codice civile. Nel caso di organo di controllo collegiale, i predetti requisiti devono essere posseduti da almeno uno dei componenti.
6. L’organo di controllo vigila sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, qualora applicabili, nonché sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento. Esso può esercitare inoltre, al superamento dei limiti di cui all’articolo 31, comma 1, la revisione legale dei conti. In tal caso
l’organo di controllo è costituito da revisori legali iscritti nell’apposito registro. (16)
7. L’organo di controllo esercita inoltre compiti di monitoraggio dell’osservanza delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, avuto particolare riguardo alle disposizioni di cui agli articoli 5, 6, 7 e 8, ed attesta che il bilancio sociale sia stato redatto in conformità alle linee guida di cui all’articolo 14. Il bilancio sociale dà atto degli esiti del monitoraggio svolto dall’organo di controllo. (17)
8. I componenti dell’organo di controllo possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo, e a tal fine, possono chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.
(16) Comma così modificato dall’ art. 8, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(17) Comma così modificato dall’ art. 8, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 31. Revisione legale dei conti
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 30, comma 6, le associazioni,
riconosciute o non riconosciute, e le fondazioni del Terzo settore
devono nominare un revisore legale dei conti o una società di
revisione legale iscritti nell’apposito registro quando superino per due
esercizi consecutivi due dei seguenti limiti:
a) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 1.100.000,00 euro;
b) ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate:
2.200.000,00 euro;
c) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 12 unità.
2. L’obbligo di cui al comma 1 cessa se, per due esercizi consecutivi, i
predetti limiti non vengono superati.
3. La nomina è altresì obbligatoria quando siano stati costituiti
patrimoni destinati ai sensi dell’articolo 10.
Titolo V
Di particolari categorie di enti del terzo settore
Capo I
Delle organizzazioni di volontariato
Art. 32. Organizzazioni di volontariato
1. Le organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore
costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da
un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre organizzazioni
di volontariato, per lo svolgimento prevalentemente in favore di terzi
di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo
prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle
persone aderenti agli enti associati. (18)
1-bis. Se successivamente alla costituzione il numero degli associati
diviene inferiore a quello stabilito nel comma 1, esso deve essere
integrato entro un anno, trascorso il quale l’organizzazione di
volontariato è cancellata dal Registro unico nazionale del Terzo settore
se non formula richiesta di iscrizione in un’altra sezione del
medesimo. (19)
2. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato possono
prevedere l’ammissione come associati di altri enti del Terzo settore o
senza scopo di lucro, a condizione che il loro numero non sia superiore
al cinquanta per cento del numero delle organizzazioni di volontariato.
3. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di
organizzazione di volontariato o l’acronimo ODV. L’indicazione di
organizzazione di volontariato o l’acronimo ODV, ovvero di parole o
locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti
diversi dalle organizzazioni di volontariato.
4. Alle organizzazioni di volontariato che svolgono l’attività di cui
all’articolo 5, comma 1, lettera y), le norme del presente capo si
applicano nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione civile
e alla relativa disciplina si provvede nell’ambito di quanto previsto
dall’articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 16 marzo 2017, n. 30.
(18) Comma così modificato dall’ art. 9, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(19) Comma inserito dall’ art. 9, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Art. 33. Risorse
1. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori
dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra
natura esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare
funzionamento oppure nei limiti occorrenti a qualificare o specializzare
l’attività svolta. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati
nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del
numero dei volontari.
2. Salvo quanto previsto dal comma 3, le organizzazioni di
volontariato possono trarre le risorse economiche necessarie al loro
funzionamento e allo svolgimento della propria attività da fonti
diverse, quali quote associative, contributi pubblici e privati, donazioni
e lasciti testamentari, rendite patrimoniali ed attività di raccolta fondi
nonché delle attività di cui all’articolo 6.
3. Per l’attività di interesse generale prestata le organizzazioni di
volontariato possono ricevere, soltanto il rimborso delle spese
effettivamente sostenute e documentate, salvo che tale attività sia
svolta quale attività secondaria e strumentale nei limiti di cui
all’articolo 6. (20)
(20) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 1, D.L. 23
ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17
dicembre 2018, n. 136.
Art. 34. Ordinamento ed amministrazione
1. Tutti gli amministratori delle organizzazioni di volontariato sono
scelti tra le persone fisiche associate ovvero indicate, tra i propri
associati, dagli enti associati. Si applica l’articolo 2382 del codice
civile. (21)
2. Ai componenti degli organi sociali, ad eccezione di quelli di cui
all’articolo 30, comma 5 che siano in possesso dei requisiti di cui
all’articolo 2397, secondo comma, del codice civile, non può essere
attribuito alcun compenso, salvo il rimborso delle spese
effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata ai fini
dello svolgimento della funzione.
(21) Comma così modificato dall’ art. 10, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Capo II
Delle associazioni di promozione sociale
Art. 35. Associazioni di promozione sociale
1. Le associazioni di promozione sociale sono enti del Terzo settore
costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da
un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre associazioni di
promozione sociale per lo svolgimento in favore dei propri associati, di
loro familiari o di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5,
avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri
associati o delle persone aderenti agli enti associati. (22)
1-bis. Se successivamente alla costituzione il numero degli associati
diviene inferiore a quello stabilito nel comma 1, esso deve essere
integrato entro un anno, trascorso il quale l’associazione di
promozione sociale è cancellata dal Registro unico nazionale del Terzo
settore se non formula richiesta di iscrizione in un’altra sezione del
medesimo. (23)
2. Non sono associazioni di promozione sociale i circoli privati e le
associazioni comunque denominate che dispongono limitazioni con
riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi
natura in relazione all’ammissione degli associati o prevedono il diritto
di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che,
infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla
titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale.
3. Gli atti costitutivi delle associazioni di promozione sociale possono
prevedere l’ammissione come associati di altri enti del Terzo settore o
senza scopo di lucro, a condizione che il loro numero non sia superiore
al cinquanta per cento del numero delle associazioni di promozione
sociale.
4. Il comma 3 non si applica agli enti di promozione sportiva
riconosciuti dal CONI che associano un numero non inferiore a
cinquecento associazioni di promozione sociale.
5. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di
associazione di promozione sociale o l’acronimo APS. L’indicazione di
associazione di promozione sociale o l’acronimo APS, ovvero di parole
o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti
diversi dalle associazioni di promozione sociale.
(22) Comma così modificato dall’ art. 11, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(23) Comma inserito dall’ art. 11, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Art. 36. Risorse
1. Le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori
dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra
natura, anche dei propri associati, fatto comunque salvo quanto
disposto dall’articolo 17, comma 5, solo quando ciò sia necessario ai
fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al
perseguimento delle finalità. In ogni caso, il numero dei lavoratori
impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento
del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli
associati.
Capo III
Degli enti filantropici
Art. 37. Enti filantropici
1. Gli enti filantropici sono enti del Terzo settore costituiti in forma di
associazione riconosciuta o di fondazione al fine di erogare denaro,
beni o servizi, anche di investimento, a sostegno di categorie di
persone svantaggiate o di attività di interesse generale.
2. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di ente
filantropico. L’indicazione di ente filantropico, ovvero di parole o
locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti
diversi dagli enti filantropici.
Art. 38. Risorse
1. Gli enti filantropici traggono le risorse economiche necessarie allo
svolgimento della propria attività principalmente da contributi pubblici
e privati, donazioni e lasciti testamentari, rendite patrimoniali ed
attività di raccolta fondi.
2. Gli atti costitutivi degli enti filantropici indicano i principi ai quali
essi devono attenersi in merito alla gestione del patrimonio, alla
raccolta di fondi e risorse in genere, alla destinazione, alle modalità di
erogazione di denaro, beni o servizi, anche di investimento a sostegno
di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse
generale. (24)
(24) Comma così modificato dall’ art. 12, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Art. 39. Bilancio sociale
1. Il bilancio sociale degli enti filantropici deve contenere l’elenco e gli
importi delle erogazioni deliberate ed effettuate nel corso
dell’esercizio, con l’indicazione dei beneficiari diversi dalle persone
fisiche.
Capo IV
Delle imprese sociali
Art. 40. Rinvio
1. Le imprese sociali sono disciplinate dal decreto legislativo recante
revisione della disciplina in materia di impresa sociale, di cui
all’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106.
2. Le cooperative sociali e i loro consorzi sono disciplinati dalla legge
8 novembre 1991, n. 381.
Capo V
Delle reti associative
Art. 41. Reti associative
1. Le reti associative sono enti del Terzo settore costituiti in forma di
associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che:
a) associano, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse
aderenti, un numero non inferiore a 100 enti del Terzo settore, o, in
alternativa, almeno 20 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o
operative siano presenti in almeno cinque regioni o province
autonome;
b) svolgono, anche attraverso l’utilizzo di strumenti informativi
idonei a garantire conoscibilità e trasparenza in favore del pubblico e
dei propri associati, attività di coordinamento, tutela, rappresentanza,
promozione o supporto degli enti del Terzo settore loro associati e
delle loro attività di interesse generale, anche allo scopo di
promuoverne ed accrescerne la rappresentatività presso i soggetti
istituzionali.
2. Sono reti associative nazionali le reti associative di cui al comma 1
che associano, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse
aderenti, un numero non inferiore a 500 enti del Terzo settore o, in
alternativa, almeno 100 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali
o operative siano presenti in almeno dieci regioni o province
autonome. Le associazioni del terzo settore formate da un numero
non inferiore a 100 mila persone fisiche associate e con sedi in almeno
10 regioni o provincie autonome sono equiparate alle reti associative
nazionali ai fini di cui all’articolo 59, comma 1, lettera b).
3. Le reti associative nazionali possono esercitare, oltre alle proprie
attività statutarie, anche le seguenti attività:
a) monitoraggio dell’attività degli enti ad esse associati,
eventualmente anche con riguardo al suo impatto sociale, e
predisposizione di una relazione annuale al Consiglio nazionale del
Terzo settore;
b) promozione e sviluppo delle attività di controllo, anche sotto
forma di autocontrollo e di assistenza tecnica nei confronti degli enti
associati.
4. Le reti associative possono promuovere partenariati e protocolli di
intesa con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e con soggetti privati.
5. E’ condizione per l’iscrizione delle reti associative nel Registro
unico nazionale del Terzo settore che i rappresentanti legali ed
amministratori non abbiano riportato condanne penali, passate in
giudicato, per reati che comportano l’interdizione dai pubblici uffici.
L’iscrizione, nonché la costituzione e l’operatività da almeno un anno,
sono condizioni necessarie per accedere alle risorse del Fondo di cui
all’articolo 72 che, in ogni caso, non possono essere destinate,
direttamente o indirettamente, ad enti diversi dalle organizzazioni di
volontariato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle
fondazioni del Terzo settore.
6. Alle reti associative operanti nel settore di cui all’articolo 5, comma
1, lettera y), le disposizioni del presente articolo si applicano nel
rispetto delle disposizioni in materia di protezione civile, e alla relativa
disciplina si provvede nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 1,
comma 1, lettera d), della legge 16 marzo 2017, n. 30.
7. Gli atti costitutivi o gli statuti disciplinano l’ordinamento interno, la
struttura di governo e la composizione e il funzionamento degli organi
sociali delle reti associative nel rispetto dei principi di democraticità,
pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettività delle
cariche sociali.
8. Gli atti costitutivi o gli statuti delle reti associative possono
disciplinare il diritto di voto degli associati in assemblea anche in
deroga a quanto stabilito dall’articolo 24, comma 2.
9. Gli atti costitutivi o gli statuti delle reti associative possono
disciplinare le modalità e i limiti delle deleghe di voto in assemblea
anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 24, comma 3.
10. Gli atti costitutivi o gli statuti delle reti associative possono
disciplinare le competenze dell’assemblea degli associati anche in
deroga a quanto stabilito dall’articolo 25, comma 1.
Capo VI
Delle società di mutuo soccorso
Art. 42. Rinvio
1. Le società di mutuo soccorso sono disciplinate dalla legge 15 aprile
1886, n. 3818, e successive modificazioni.
Art. 43. Trasformazione
1. Le società di mutuo soccorso, già esistenti alla data di entrata in
vigore del presente Codice, che entro il 31 dicembre 2021 si
trasformano in associazioni del Terzo settore o in associazioni di
promozione sociale, mantengono, in deroga all’articolo 8, comma 3,
della legge 15 aprile 1886, n. 3818, il proprio patrimonio. (25)
(25) Comma così modificato dall’ art. 11, comma 1, D.L. 31 dicembre
2020, n. 183, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2021,
n. 21.
Art. 44. Modifiche e integrazioni alla disciplina
1. Alle società di mutuo soccorso non si applica l’obbligo di
versamento del contributo del 3 per cento sugli utili netti annuali di
cui all’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.
2. In deroga all’articolo 23, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre
2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre
2012, n. 221, non sono soggette all’obbligo di iscrizione nella sezione
delle imprese sociali presso il registro delle imprese le società di
mutuo soccorso che hanno un versamento annuo di contributi
associativi non superiore a 50.000 euro e che non gestiscono fondi
sanitari integrativi.
Titolo VI
Del registro unico nazionale del terzo settore
Art. 45. Registro unico nazionale del Terzo settore
1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il
Registro unico nazionale del Terzo settore, operativamente gestito su
base territoriale e con modalità informatiche in collaborazione con
ciascuna Regione e Provincia autonoma, che, a tal fine, individua,
entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, la struttura competente. Presso le Regioni, la struttura di cui
al periodo precedente è indicata come «Ufficio regionale del Registro
unico nazionale del Terzo settore». Presso le Province autonome la
stessa assume la denominazione di «Ufficio provinciale del Registro
unico nazionale del Terzo settore». Il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali individua nell’ambito della dotazione organica
dirigenziale non generale disponibile a legislazione vigente la propria
struttura competente di seguito indicata come «Ufficio statale del
Registro unico nazionale del Terzo settore».
2. Il registro è pubblico ed è reso accessibile a tutti gli interessati in
modalità telematica.
Art. 46. Struttura del Registro
1. Il Registro unico nazionale del Terzo settore si compone delle
seguenti sezioni:
a) Organizzazioni di volontariato;
b) Associazioni di promozione sociale;
c) Enti filantropici;
d) Imprese sociali, incluse le cooperative sociali;
e) Reti associative;
f) Società di mutuo soccorso;
g) Altri enti del Terzo settore.
2. Ad eccezione delle reti associative, nessun ente può essere
contemporaneamente iscritto in due o più sezioni.
3. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali può, con decreto di
natura non regolamentare, sentita la Conferenza Unificata, istituire
sottosezioni o nuove sezioni o modificare le sezioni esistenti.
Art. 47. Iscrizione
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 22, la domanda di iscrizione nel
Registro unico nazionale del Terzo settore è presentata dal
rappresentante legale dell’ente o della rete associativa cui l’ente
eventualmente aderisca all’Ufficio del Registro unico nazionale della
Regione o della Provincia autonoma in cui l’ente ha la sede legale,
depositando l’atto costitutivo, lo statuto ed eventuali allegati, ed
indicando la sezione del registro nella quale l’ente chiede l’iscrizione.
Per le reti associative la domanda di iscrizione nella sezione di cui
all’articolo 46 comma 1, lettera e) è presentata all’Ufficio statale del
Registro unico nazionale.
2. L’ufficio competente di cui al comma 1 verifica la sussistenza delle
condizioni previste dal presente Codice per la costituzione dell’ente
quale ente del Terzo settore, nonché per la sua iscrizione nella sezione
richiesta.
3. L’ufficio del Registro, entro sessanta giorni dalla presentazione
della domanda, può:
a) iscrivere l’ente;
b) rifiutare l’iscrizione con provvedimento motivato;
c) invitare l’ente a completare o rettificare la domanda ovvero ad
integrare la documentazione.
4. Decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda o dalla
presentazione della domanda completata o rettificata ovvero della
documentazione integrativa ai sensi del comma 3, lettera c), la
domanda di iscrizione s’intende accolta.
5. Se l’atto costitutivo e lo statuto dell’ente del Terzo settore sono
redatti in conformità a modelli standard tipizzati, predisposti da reti
associative ed approvati con decreto del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, l’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore,
verificata la regolarità formale della documentazione, entro trenta
giorni dalla presentazione della domanda iscrive l’ente nel Registro
stesso.
6. Avverso il diniego di iscrizione nel Registro è ammesso ricorso
avanti al tribunale amministrativo competente per territorio.
Art. 48. Contenuto e aggiornamento
1. Nel Registro unico nazionale del Terzo settore devono risultare per
ciascun ente almeno le seguenti informazioni: la denominazione; la
forma giuridica; la sede legale, con l’indicazione di eventuali sedi
secondarie; la data di costituzione; l’oggetto dell’attività di interesse
generale di cui all’articolo 5, il codice fiscale o la partita IVA; il
possesso della personalità giuridica e il patrimonio minimo di cui
all’articolo 22, comma 4; le generalità dei soggetti che hanno la
rappresentanza legale dell’ente; le generalità dei soggetti che
ricoprono cariche sociali con indicazione di poteri e limitazioni.
2. Nel Registro devono inoltre essere iscritte le modifiche dell’atto
costitutivo e dello statuto, le deliberazioni di trasformazione, fusione,
scissione, di scioglimento, estinzione, liquidazione e cancellazione, i
provvedimenti che ordinano lo scioglimento, dispongono la
cancellazione o accertano l’estinzione, le generalità dei liquidatori e
tutti gli altri atti e fatti la cui iscrizione è espressamente prevista da
norme di legge o di regolamento.
3. I rendiconti e i bilanci di cui agli articoli 13 e 14 e i rendiconti delle
raccolte fondi svolte nell’esercizio precedente devono essere depositati
entro il 30 giugno di ogni anno. Entro trenta giorni decorrenti da
ciascuna modifica, devono essere pubblicate le informazioni
aggiornate e depositati gli atti di cui ai commi 1 e 2, incluso
l’eventuale riconoscimento della personalità giuridica.
4. In caso di mancato o incompleto deposito degli atti e dei loro
aggiornamenti nonché di quelli relativi alle informazioni obbligatorie di
cui al presente articolo nel rispetto dei termini in esso previsti, l’ufficio
del registro diffida l’ente del Terzo settore ad adempiere all’obbligo
suddetto, assegnando un termine non superiore a centottanta giorni,
decorsi inutilmente i quali l’ente è cancellato dal Registro.
5. Del deposito degli atti e della completezza delle informazioni di cui
al presente articolo e dei relativi aggiornamenti sono onerati gli
amministratori. Si applica l’articolo 2630 del codice civile.
6. All’atto della registrazione degli enti del Terzo settore di cui
all’articolo 31, comma 1, l’ufficio del registro unico nazionale
acquisisce la relativa informazione antimafia.
Art. 49. Estinzione o scioglimento dell’ente
1. L’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore accerta,
anche d’ufficio, l’esistenza di una delle cause di estinzione o
scioglimento dell’ente e ne dà comunicazione agli amministratori e al
presidente del tribunale ove ha sede l’ufficio del registro unico
nazionale presso il quale l’ente è iscritto affinché provveda ai sensi
dell’articolo 11 e seguenti delle disposizioni di attuazione del codice
civile.
2. Chiusa la procedura di liquidazione, il presidente del tribunale
provvede che ne sia data comunicazione all’ufficio del registro unico
nazionale del Terzo settore per la conseguente cancellazione dell’ente
dal Registro.
Art. 50. Cancellazione e migrazione in altra sezione
1. La cancellazione di un ente dal Registro unico nazionale avviene a
seguito di istanza motivata da parte dell’ente del Terzo settore iscritto
o di accertamento d’ufficio, anche a seguito di provvedimenti della
competente autorità giudiziaria ovvero tributaria, divenuti definitivi,
dello scioglimento, cessazione, estinzione dell’ente ovvero della
carenza dei requisiti necessari per la permanenza nel Registro unico
nazionale del Terzo settore.
2. L’ente cancellato dal Registro unico nazionale per mancanza dei
requisiti che vuole continuare a operare ai sensi del codice civile deve
preventivamente devolvere il proprio patrimonio ai sensi dell’articolo
9, limitatamente all’incremento patrimoniale realizzato negli esercizi in
cui l’ente è stato iscritto nel Registro unico nazionale.
3. Se vengono meno i requisiti per l’iscrizione dell’ente del Terzo
settore in una sezione del Registro ma permangono quelli per
l’iscrizione in altra sezione del Registro stesso, l’ente può formulare la
relativa richiesta di migrazione che deve essere approvata con le
modalità e nei termini previsti per l’iscrizione nel Registro unico
nazionale.
4. Avverso il provvedimento di cancellazione dal Registro, è ammesso
ricorso avanti al tribunale amministrativo competente per territorio.
Art. 51. Revisione periodica del Registro
1. Con cadenza triennale, gli Uffici del Registro unico nazionale del
Terzo settore provvedono alla revisione, ai fini della verifica della
permanenza dei requisiti previsti per l’iscrizione al Registro stesso.
Art. 52. Opponibilità ai terzi degli atti depositati
1. Gli atti per i quali è previsto l’obbligo di iscrizione, annotazione
ovvero di deposito presso il Registro unico nazionale del Terzo settore
sono opponibili ai terzi soltanto dopo la relativa pubblicazione nel
Registro stesso, a meno che l’ente provi che i terzi ne erano a
conoscenza.
2. Per le operazioni compiute entro il quindicesimo giorno dalla
pubblicazione di cui al comma 1, gli atti non sono opponibili ai terzi
che provino di essere stati nella impossibilità di averne conoscenza.
Art. 53. Funzionamento del Registro (27)
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni, definisce, con proprio decreto, la procedura
per l’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore,
individuando i documenti da presentare ai fini dell’iscrizione e le
modalità di deposito degli atti di cui all’articolo 48, nonché le regole
per la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione del
Registro unico nazionale del Terzo settore finalizzate ad assicurare
l’omogenea e piena conoscibilità su tutto il territorio nazionale degli
elementi informativi del registro stesso e le modalità con cui è
garantita la comunicazione dei dati tra il registro delle Imprese e il
Registro unico nazionale del Terzo settore con riferimento alle imprese
sociali e agli altri enti del Terzo settore iscritti nel registro delle
imprese. (28)
2. Le Regioni e le province autonome entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 disciplinano i
procedimenti per l’emanazione dei provvedimenti di iscrizione e di
cancellazione degli enti del Terzo settore; entro sei mesi dalla
predisposizione della struttura informatica rendono operativo il
Registro.
3. Le risorse necessarie a consentire l’avvio e la gestione del Registro
unico nazionale del Terzo settore sono stabilite in 25 milioni di euro
per l’anno 2018, in 20 milioni di euro per gli anni 2019 e 2020, in 14,7
milioni di euro per l’anno 2021 e in 20 milioni di euro a decorrere
dall’anno 2022, da impiegare per l’infrastruttura informatica nonché
per lo svolgimento delle attività di cui al presente titolo e di cui
all’articolo 93, comma 3, anche attraverso accordi ai sensi dell’articolo
15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (26)
, con le Regioni e le Province
autonome, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
(26) NDR: In G.U. è riportato il seguente riferimento normativo non
corretto: «legge 9 agosto 1990, n. 241».
(27) A norma dell’art. 102, comma 4, del presente provvedimento,
dalla data di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore
decorreranno le abrogazioni previste dal suddetto art. 102, comma 4.
(28) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M.
15 settembre 2020.
Art. 54. Trasmigrazione dei registri esistenti
1. Con il decreto di cui all’articolo 53 vengono disciplinate le modalità
con cui gli enti pubblici territoriali provvedono a comunicare al
Registro unico nazionale del Terzo settore i dati in loro possesso degli
enti già iscritti nei registri speciali delle organizzazioni di volontariato
e delle associazioni di promozione sociale esistenti al giorno
antecedente l’operatività del Registro unico nazionale degli enti del
Terzo settore.
2. Gli uffici del Registro unico nazionale del Terzo settore, ricevute le
informazioni contenute nei predetti registri, provvedono entro
centottanta giorni a richiedere agli enti le eventuali informazioni o
documenti mancanti e a verificare la sussistenza dei requisiti per
l’iscrizione.
3. L’omessa trasmissione delle informazioni e dei documenti richiesti
agli enti del Terzo settore ai sensi del comma 2 entro il termine di
sessanta giorni comporta la mancata iscrizione nel Registro unico
nazionale del Terzo settore.
4. Fino al termine delle verifiche di cui al comma 2 gli enti iscritti nei
registri di cui al comma 1 continuano a beneficiare dei diritti derivanti
dalla rispettiva qualifica.
Titolo VII
Dei rapporti con gli enti pubblici
Art. 55. Coinvolgimento degli enti del Terzo settore (29)
1. In attuazione dei principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia,
efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e
patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione,
autonomia organizzativa e regolamentare, le amministrazioni
pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, nell’esercizio delle proprie funzioni di
programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi
e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il
coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di
co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in
essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241,
nonché delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in
particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona.
2. La co-programmazione è finalizzata all’individuazione, da parte
della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare,
degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione
degli stessi e delle risorse disponibili.
3. La co-progettazione è finalizzata alla definizione ed eventualmente
alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento
finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di
programmazione di cui comma 2.
4. Ai fini di cui al comma 3, l’individuazione degli enti del Terzo
settore con cui attivare il partenariato avviene anche mediante forme
di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità,
partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da parte
della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e
specifici dell’intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali
dello stesso nonché dei criteri e delle modalità per l’individuazione
degli enti partner.
(29) Vedi, anche, le linee guida sul rapporto tra Pubbliche
Amministrazioni ed enti del Terzo settore adottate con D.M. 31 marzo
2021, n. 72.
Art. 56. Convenzioni (31)
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono sottoscrivere
con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione
sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del
Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di
terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli
rispetto al ricorso al mercato.
2. Le convenzioni di cui al comma 1 possono prevedere
esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle
associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente
sostenute e documentate.
3. L’individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle
associazioni di promozione sociale con cui stipulare la convenzione è
fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza,
partecipazione e parità di trattamento, mediante procedure
comparative riservate alle medesime. Le organizzazioni di volontariato
e le associazioni di promozione sociale devono essere in possesso dei
requisiti di moralità professionale, e dimostrare adeguata attitudine,
da valutarsi in riferimento alla struttura, all’attività concretamente
svolta, alle finalità perseguite, al numero degli aderenti, alle risorse a
disposizione e alla capacità tecnica e professionale, intesa come
concreta capacità di operare e realizzare l’attività oggetto di
convenzione, da valutarsi anche con riferimento all’esperienza
maturata, all’organizzazione, alla formazione e all’aggiornamento dei
volontari.
3-bis. Le amministrazioni procedenti pubblicano sui propri siti
informatici gli atti di indizione dei procedimenti di cui al presente
articolo e i relativi provvedimenti finali. I medesimi atti devono altresì
formare oggetto di pubblicazione da parte delle amministrazioni
procedenti nella sezione “Amministrazione trasparente”, con
l’applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo
2013, n. 33. (30)
4. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire
l’esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le
attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della
dignità degli utenti, e, ove previsti dalla normativa nazionale o
regionale, degli standard organizzativi e strutturali di legge. Devono
inoltre prevedere la durata del rapporto convenzionale, il contenuto e
le modalità dell’intervento volontario, il numero e l’eventuale qualifica
professionale delle persone impegnate nelle attività convenzionate, le
modalità di coordinamento dei volontari e dei lavoratori con gli
operatori dei servizi pubblici, le coperture assicurative di cui
all’articolo 18, i rapporti finanziari riguardanti le spese da ammettere
a rimborso fra le quali devono figurare necessariamente gli oneri
relativi alla copertura assicurativa, le modalità di risoluzione del
rapporto, forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro
qualità, la verifica dei reciproci adempimenti nonché le modalità di
rimborso delle spese, nel rispetto del principio dell’effettività delle
stesse, con esclusione di qualsiasi attribuzione a titolo di
maggiorazione, accantonamento, ricarico o simili, e con la limitazione
del rimborso dei costi indiretti alla quota parte imputabile
direttamente all’attività oggetto della convenzione.
(30) Comma inserito dall’ art. 13, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n.
105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto
dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(31) Vedi, anche, le linee guida sul rapporto tra Pubbliche
Amministrazioni ed enti del Terzo settore adottate con D.M. 31 marzo
2021, n. 72.
Art. 57. Servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza (33)
1. I servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono
essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle
organizzazioni di volontariato, iscritte da almeno sei mesi nel Registro
unico nazionale del Terzo settore, aderenti ad una rete associativa di
cui all’articolo 41, comma 2, ed accreditate ai sensi della normativa
regionale in materia, ove esistente, nelle ipotesi in cui, per la natura
specifica del servizio, l’affidamento diretto garantisca l’espletamento
del servizio di interesse generale, in un sistema di effettiva
contribuzione a una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi
di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza,
nonché nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione.
2. Alle convenzioni aventi ad oggetto i servizi di cui al comma 1 si
applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 3-bis e 4 dell’articolo
56. (32)
(32) Comma così modificato dall’ art. 14, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(33) Vedi, anche, le linee guida sul rapporto tra Pubbliche
Amministrazioni ed enti del Terzo settore adottate con D.M. 31 marzo
2021, n. 72.
Titolo VIII
Della promozione e del sostegno degli enti del terzo settore
Capo I
Del consiglio nazionale del terzo settore
Art. 58. Istituzione
1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il
Consiglio nazionale del Terzo settore, presieduto dal Ministro del
lavoro e delle politiche sociali o da un suo delegato.
Art. 59. Composizione
1. Il Consiglio nazionale del Terzo settore è composto da:
a) dieci rappresentanti designati dall’associazione di enti del Terzo
settore più rappresentativa sul territorio nazionale, in ragione del
numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti, tra persone che
siano espressione delle diverse tipologie organizzative del Terzo
settore; (34)
b) quindici rappresentanti di reti associative, di cui otto di reti
associative nazionali, che siano espressione delle diverse tipologie
organizzative del Terzo settore; (35)
c) cinque esperti di comprovata esperienza professionale in
materia di Terzo settore, che abbiano svolto attività in organismi ed
enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private ovvero che
abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale,
culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-
universitaria;
d) tre rappresentanti delle autonomie regionali e locali, di cui due
designati dalla Conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, ed uno designato dall’Associazione nazionale
dei comuni italiani (ANCI);
d-bis) un rappresentante designato dall’associazione dei CSV più
rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV
ad essa aderenti (36)
.
2. Del Consiglio nazionale del Terzo settore fanno altresì parte, senza
diritto di voto:
a) un rappresentante designato dal presidente dell’ISTAT con
comprovata esperienza in materia di Terzo settore;
b) un rappresentante designato dal presidente dell’INAPP con
comprovata esperienza in materia di Terzo settore;
c) il direttore generale del Terzo settore e della responsabilità
sociale delle imprese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
3. I componenti del Consiglio nazionale del Terzo settore sono
nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e
rimangono in carica per tre anni. Per ogni componente effettivo del
Consiglio è nominato un supplente. I componenti del Consiglio aventi
diritto di voto non possono essere nominati per più di due mandati
consecutivi. La partecipazione al Consiglio dei componenti effettivi e
supplenti è gratuita e non dà diritto alla corresponsione di alcun
compenso, indennità, rimborso od emolumento comunque
denominato. (37)
(34) Lettera così modificata dall’ art. 15, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(35) Lettera così modificata dall’ art. 15, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(36) Lettera aggiunta dall’ art. 15, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(37) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M.
23 gennaio 2018, n. 8.
Art. 60. Attribuzioni
1. Il Consiglio svolge i seguenti compiti:
a) esprime pareri non vincolanti, ove richiesto, sugli schemi di atti
normativi che riguardano il Terzo settore;
b) esprime parere non vincolante, ove richiesto, sulle modalità di
utilizzo delle risorse finanziarie di cui agli articoli 72 e seguenti;
c) esprime parere obbligatorio non vincolante sulle linee guida in
materia di bilancio sociale e di valutazione di impatto sociale
dell’attività svolta dagli enti del Terzo settore nonché sulla definizione
dei modelli di bilancio degli enti del Terzo settore; (38)
d) designa un componente nell’organo di governo della Fondazione
Italia Sociale;
e) è coinvolto nelle funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo,
con il supporto delle reti associative nazionali;
f) designa i rappresentanti degli enti del Terzo settore presso il
CNEL ai sensi della legge 30 dicembre 1986, n. 936.
2. Per lo svolgimento dei compiti indicati al comma 1, il Consiglio
nazionale del Terzo settore si avvale delle risorse umane e strumentali
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
3. Le modalità di funzionamento del Consiglio nazionale del Terzo
settore sono fissate con regolamento interno da adottarsi a
maggioranza assoluta dei componenti.
(38) Lettera così modificata dall’ art. 16, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Capo II
Dei centri di servizio per il volontariato
Art. 61. Accreditamento dei Centri di servizio per il volontariato
1. Possono essere accreditati come centri di servizio per il
volontariato, di seguito CSV, gli enti costituiti in forma di associazione
riconosciuta del Terzo settore da organizzazioni di volontariato e da
altri enti del Terzo settore, esclusi quelli costituiti in una delle forme
del libro V del codice civile, ed il cui statuto preveda:
a) lo svolgimento di attività di supporto tecnico, formativo ed
informativo al fine di promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo
dei volontari negli enti del Terzo settore;
b) il divieto di erogare direttamente in denaro le risorse ad essi
provenienti dal fondo unico nazionale, di seguito FUN nonché di
trasferire a titolo gratuito beni mobili o immobili acquisiti mediante le
medesime risorse;
c) l’obbligo di adottare una contabilità separata per le risorse
provenienti da fonte diversa dal FUN;
d) l’obbligo di ammettere come associati le organizzazioni di
volontariato e gli altri enti del Terzo settore, esclusi quelli costituiti in
una delle forme del libro V del codice civile, che ne facciano richiesta,
fatta salva la possibilità di subordinare il mantenimento dello status di
associato al rispetto dei principi, dei valori e delle norme statutarie;
e) il diritto di tutti gli associati di votare, direttamente o
indirettamente, in assemblea, ed in particolare di eleggere
democraticamente i componenti degli organi di amministrazione e di
controllo interno dell’ente, salvo quanto previsto dalle lettere f), g), ed
h);
f) l’attribuzione della maggioranza di voti in ciascuna assemblea
alle organizzazioni di volontariato;
g) misure dirette ad evitare il realizzarsi di situazioni di controllo
dell’ente da parte di singoli associati o di gruppi minoritari di associati;
h) misure destinate a favorire la partecipazione attiva e l’effettivo
coinvolgimento di tutti gli associati, sia di piccola che di grande
dimensione, nella gestione del CSV;
i) specifici requisiti di onorabilità, professionalità, incompatibilità
ed indipendenza per coloro che assumono cariche sociali, ed in
particolare il divieto di ricoprire l’incarico di presidente dell’organo di
amministrazione per:
1) coloro che hanno incarichi di governo nazionale, di giunta e
consiglio regionale, di associazioni di comuni e consorzi intercomunali,
e incarichi di giunta e consiglio comunale, circoscrizionale, di quartiere
e simili, comunque denominati, purché con popolazione superiore a
15.000 abitanti;
2) i consiglieri di amministrazione e il presidente delle aziende
speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267;
3) i parlamentari nazionali ed europei;
4) coloro che ricoprono ruoli di livello nazionale o locale in organi
dirigenti di partiti politici;
j) un numero massimo di mandati consecutivi per coloro che
ricoprono la carica di componente dell’organo di amministrazione,
nonché il divieto per la stessa persona di ricoprire la carica di
presidente dell’organo di amministrazione per più di nove anni;
k) il diritto dell’organismo territoriale di controllo, di seguito OTC
competente di nominare, qualora l’ente fosse accreditato come CSV,
un componente dell’organo di controllo interno del CSV con funzioni di
presidente e dei componenti di tale organo di assistere alle riunioni
dell’organo di amministrazione del CSV;
l) l’obbligo di redigere e rendere pubblico il bilancio sociale;
m) misure dirette a favorire la trasparenza e la pubblicità dei
propri atti.
2. L’organismo nazionale di controllo, di seguito ONC stabilisce il
numero di enti accreditabili come CSV nel territorio nazionale,
assicurando comunque la presenza di almeno un CSV per ogni regione
e provincia autonoma ed evitando sovrapposizione di competenze
territoriali tra i CSV da accreditarsi. A tal fine, e fatto salvo quanto
previsto dal comma 3, l’ONC accredita:
a) un CSV per ogni città metropolitana e per ogni provincia con
territorio interamente montano e confinante con Paesi stranieri ai
sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56;
b) un CSV per ogni milione di abitanti non residenti nell’ambito
territoriale delle città metropolitane e delle province di cui alla lettera
a). (39)
3. I criteri di cui alle lettere a) e b) del comma 2 possono essere
derogati, con atto motivato dell’ONC, in presenza di specifiche
esigenze territoriali del volontariato o di contenimento dei costi. In
ogni caso, il numero massimo di CSV accreditabili, in ciascuna regione
o provincia autonoma, non può essere superiore a quello dei CSV
istituiti alla data di entrata in vigore del presente decreto sulla base
della previgente normativa.
4. L’accreditamento è revocabile nei casi previsti dal presente
decreto.
(39) La Corte costituzionale, con sentenza 25 settembre – 12 ottobre
2018, n. 185 (Gazz. Uff. 17 ottobre 2018, n. 41, 1ª Serie speciale), ha
dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli
artt. 61, comma 2, 62, comma 7, 64, 65 e 72, quest’ultimo anche in
relazione all’art. 73, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 119 della Costituzione; ha dichiarato,
inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.
61, comma 2, 62, comma 7, 64 e 65 – quest’ultimo nel testo
introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs. n. 117
del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia,
in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e
120 Cost. e al principio di leale collaborazione; non fondate le
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 64 e 65 – quest’ultimo
nel testo introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs.
n. 117 del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 76 Cost..
Art. 62. Finanziamento dei Centri di servizio per il volontariato
1. Al fine di assicurare il finanziamento stabile dei CSV è istituito il
FUN, alimentato da contributi annuali delle fondazioni di origine
bancaria di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, di
seguito FOB, ed amministrato dall’ONC in conformità alle norme del
presente decreto.
2. Il FUN costituisce ad ogni effetto di legge patrimonio autonomo e
separato da quello delle FOB, dell’ONC, e dei CSV, vincolato alla
destinazione di cui al comma 9.
3. Ciascuna FOB destina ogni anno al FUN una quota non inferiore al
quindicesimo del risultato della differenza tra l’avanzo dell’esercizio
meno l’accantonamento a copertura dei disavanzi pregressi, alla
riserva obbligatoria e l’importo minimo da destinare ai settori rilevanti
ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettere c) e d), del decreto legislativo
17 maggio 1999, n. 153.
4. Le FOB calcolano ogni anno, in sede di approvazione del bilancio di
esercizio, le somme dovute ai sensi del comma 3 e le versano al FUN
entro il 31 ottobre dell’anno di approvazione del bilancio, secondo
modalità individuate dall’ONC.
5. Le FOB sono inoltre tenute a versare al FUN i contributi integrativi
deliberati dall’ONC ai sensi del comma 11 e possono in ogni caso
versare al FUN contributi volontari.
6. A decorrere dall’anno 2018, per le somme che, ai sensi dei commi
4 e 5, vengono versate al FUN, alle FOB è riconosciuto annualmente
un credito d’imposta pari al 100 per cento dei versamenti effettuati,
fino ad un massimo di euro 15 milioni per l’anno 2018 e di euro 10
milioni per gli anni successivi. Il credito di imposta è utilizzabile
esclusivamente in compensazione, nei limiti dell’importo riconosciuto,
ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241,
presentando il modello F24 esclusivamente mediante servizi telematici
resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione
di versamento. Al credito d’imposta non si applicano i limiti di cui
all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e
all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive
modificazioni. Il credito è cedibile, in esenzione dall’imposta di
registro, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 1260 e
seguenti del codice civile, a intermediari bancari, finanziari e
assicurativi, ed è utilizzabile dal cessionario alle medesime condizioni
applicabili al cedente. Con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, sono definite le disposizioni applicative necessarie, ivi
comprese le procedure per la concessione del contributo nel rispetto
del limite di spesa stabilito. (41)
7. L’ONC determina l’ammontare del finanziamento stabile triennale
dei CSV, anche sulla base del fabbisogno storico e delle mutate
esigenze di promozione del volontariato negli enti del Terzo settore, e
ne stabilisce la ripartizione annuale e territoriale, su base regionale,
secondo criteri trasparenti, obiettivi ed equi, definiti anche in relazione
alla provenienza delle risorse delle FOB, ad esigenze di perequazione
territoriale, nonché all’attribuzione storica delle risorse. L’ONC può
destinare all’associazione dei CSV più rappresentativa sul territorio
nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti una quota di
tale finanziamento per la realizzazione di servizi strumentali ai CSV o
di attività di promozione del volontariato che possono più
efficacemente compiersi su scala nazionale. (40)
8. L’ONC determina, secondo criteri di efficienza, di ottimizzazione e
contenimento dei costi e di stretta strumentalità alle funzioni da
svolgere ai sensi del presente decreto, l’ammontare previsto delle
proprie spese di organizzazione e funzionamento a valere sul FUN,
inclusi i costi relativi all’organizzazione e al funzionamento degli OTC e
ai componenti degli organi di controllo interno dei CSV nominati ai
sensi dell’articolo 65, comma 6, lettera e), in misura comunque non
superiore al 5 per cento delle somme versate dalle FOB ai sensi del
comma 3. In ogni caso, non possono essere posti a carico del FUN
eventuali emolumenti riconosciuti ai componenti e ai dirigenti dell’ONC
e degli OTC. Le somme non spese riducono di un importo equivalente
l’ammontare da destinarsi al medesimo fine nell’anno successivo a
quello di approvazione del bilancio di esercizio.
9. Le risorse del FUN sono destinate esclusivamente alla copertura
dei costi di cui ai commi 7 ed 8. L’ONC, secondo modalità dalla stessa
individuate, rende annualmente disponibili ai CSV, all’associazione dei
CSV di cui al comma 7, e agli OTC le somme ad essi assegnate per lo
svolgimento delle proprie funzioni.
10. Negli anni in cui i contributi obbligatori versati dalle FOB al FUN ai
sensi del comma 3 risultino superiori ai costi annuali di cui ai commi 7
e 8, la differenza è destinata dall’ONC ad una riserva con finalità di
stabilizzazione delle assegnazioni future ai CSV.
11. Negli anni in cui i contributi obbligatori versati dalle FOB al FUN ai
sensi del comma 3 risultino inferiori ai costi annuali di cui ai commi 7
e 8, ed anche la riserva con finalità di stabilizzazione sia insufficiente
per la loro copertura, l’ONC pone la differenza a carico delle FOB,
richiedendo a ciascuna di esse il versamento al FUN di un contributo
integrativo proporzionale a quello obbligatorio già versato.
12. I CSV possono avvalersi di risorse diverse da quelle del FUN, che
possono essere liberamente percepite e gestite dai CSV, fatto salvo
quanto previsto dall’articolo 61, comma 1, lettera c). I CSV non
possono comunque accedere alle risorse del Fondo di cui all’articolo
72.
(40) La Corte costituzionale, con sentenza 25 settembre – 12 ottobre
2018, n. 185 (Gazz. Uff. 17 ottobre 2018, n. 41, 1ª Serie speciale), ha
dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli
artt. 61, comma 2, 62, comma 7, 64, 65 e 72, quest’ultimo anche in
relazione all’art. 73, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 119 della Costituzione; ha dichiarato,
inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.
61, comma 2, 62, comma 7, 64 e 65 – quest’ultimo nel testo
introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs. n. 117
del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia,
in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e
120 Cost. e al principio di leale collaborazione; non fondate le
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 64 e 65 – quest’ultimo
nel testo introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs.
n. 117 del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 76 Cost..
(41) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M.
4 maggio 2018, n. 56/2018.
Art. 63. Funzioni e compiti dei Centri di servizio per il volontariato
1. I CSV utilizzano le risorse del FUN loro conferite al fine di
organizzare, gestire ed erogare servizi di supporto tecnico, formativo
ed informativo per promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei
volontari negli enti del Terzo settore, senza distinzione tra enti
associati ed enti non associati, e con particolare riguardo alle
organizzazioni di volontariato, nel rispetto e in coerenza con gli
indirizzi strategici generali definiti dall’ONC ai sensi del articolo 64,
comma 5, lettera d).
2. Ai fini di cui al comma 1, i CSV possono svolgere attività varie
riconducibili alle seguenti tipologie di servizi:
a) servizi di promozione, orientamento e animazione territoriale,
finalizzati a dare visibilità ai valori del volontariato e all’impatto sociale
dell’azione volontaria nella comunità locale, a promuovere la crescita
della cultura della solidarietà e della cittadinanza attiva in particolare
tra i giovani e nelle scuole, istituti di istruzione, di formazione ed
università, facilitando l’incontro degli enti di Terzo settore con i
cittadini interessati a svolgere attività di volontariato, nonché con gli
enti di natura pubblica e privata interessati a promuovere il
volontariato;
b) servizi di formazione, finalizzati a qualificare i volontari o coloro
che aspirino ad esserlo, acquisendo maggiore consapevolezza
dell’identità e del ruolo del volontario e maggiori competenze
trasversali, progettuali, organizzative a fronte dei bisogni della propria
organizzazione e della comunità di riferimento;
c) servizi di consulenza, assistenza qualificata ed
accompagnamento, finalizzati a rafforzare competenze e tutele dei
volontari negli ambiti giuridico, fiscale, assicurativo, del lavoro,
progettuale, gestionale, organizzativo, della rendicontazione
economico-sociale, della ricerca fondi, dell’accesso al credito, nonché
strumenti per il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze
acquisite dai volontari medesimi;
d) servizi di informazione e comunicazione, finalizzati a
incrementare la qualità e la quantità di informazioni utili al
volontariato, a supportare la promozione delle iniziative di
volontariato, a sostenere il lavoro di rete degli enti del Terzo settore
tra loro e con gli altri soggetti della comunità locale per la cura dei
beni comuni, ad accreditare il volontariato come interlocutore
autorevole e competente;
e) servizi di ricerca e documentazione, finalizzati a mettere a
disposizione banche dati e conoscenze sul mondo del volontariato e
del Terzo settore in ambito nazionale, comunitario e internazionale;
f) servizi di supporto tecnico-logistico, finalizzati a facilitare o
promuovere l’operatività dei volontari, attraverso la messa a
disposizione temporanea di spazi, strumenti ed attrezzature.
3. I servizi organizzati mediante le risorse del FUN sono erogati nel
rispetto dei seguenti principi:
a) principio di qualità: i servizi devono essere della migliore qualità
possibile considerate le risorse disponibili; i CSV applicano sistemi di
rilevazione e controllo della qualità, anche attraverso il coinvolgimento
dei destinatari dei servizi;
b) principio di economicità: i servizi devono essere organizzati,
gestiti ed erogati al minor costo possibile in relazione al principio di
qualità;
c) principio di territorialità e di prossimità: i servizi devono essere
erogati da ciascun CSV prevalentemente in favore di enti aventi sede
legale ed operatività principale nel territorio di riferimento, e devono
comunque essere organizzati in modo tale da ridurre il più possibile la
distanza tra fornitori e destinatari, anche grazie all’uso di tecnologie
della comunicazione;
d) principio di universalità, non discriminazione e pari opportunità
di accesso: i servizi devono essere organizzati in modo tale da
raggiungere il maggior numero possibile di beneficiari; tutti gli aventi
diritto devono essere posti effettivamente in grado di usufruirne,
anche in relazione al principio di pubblicità e trasparenza;
e) principio di integrazione: i CSV, soprattutto quelli che operano
nella medesima regione, sono tenuti a cooperare tra loro allo scopo di
perseguire virtuose sinergie ed al fine di fornire servizi
economicamente vantaggiosi;
f) principio di pubblicità e trasparenza: i CSV rendono nota
l’offerta dei servizi alla platea dei propri destinatari, anche mediante
modalità informatiche che ne assicurino la maggiore e migliore
diffusione; essi inoltre adottano una carta dei servizi mediante la
quale rendono trasparenti le caratteristiche e le modalità di
erogazione di ciascun servizio, nonché i criteri di accesso ed
eventualmente di selezione dei beneficiari.
4. In caso di scioglimento dell’ente accreditato come CSV o di revoca
dell’accreditamento, le risorse del FUN ad esso assegnate ma non
ancora utilizzate devono essere versate entro centoventi giorni dallo
scioglimento o dalla revoca all’ONC, che le destina all’ente accreditato
come CSV in sostituzione del precedente, o in mancanza, ad altri CSV
della medesima regione o, in mancanza, alla riserva con finalità di
stabilizzazione del FUN.
5. In caso di scioglimento dell’ente accreditato come CSV o di revoca
dell’accreditamento, eventuali beni mobili o immobili acquisiti dall’ente
mediante le risorse del FUN mantengono il vincolo di destinazione e
devono essere trasferiti dall’ente secondo le indicazioni provenienti
dall’ONC.
Art. 64. Organismo nazionale di controllo (43)
1. L’ONC è una fondazione con personalità giuridica di diritto privato,
costituita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al
fine di svolgere, per finalità di interesse generale, funzioni di indirizzo
e di controllo dei CSV. Essa gode di piena autonomia statutaria e
gestionale nel rispetto delle norme del presente decreto, del codice
civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo. Le funzioni di
controllo e di vigilanza sull’ONC previste dall’articolo 25 del codice
civile sono esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. (44)
2. Il decreto di cui al comma 1 provvede alla nomina dei componenti
dell’organo di amministrazione dell’ONC, che deve essere formato da:
a) sette membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati
dall’associazione delle FOB più rappresentativa sul territorio nazionale
in ragione del numero di FOB ad essa aderenti;
b) due membri designati dall’associazione dei CSV più
rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV
ad essa aderenti;
c) due membri, di cui uno espressione delle organizzazioni di
volontariato, designati dall’associazione degli enti del Terzo settore più
rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di enti
del Terzo settore ad essa aderenti;
d) un membro designato dal Ministro del lavoro e delle politiche
sociali;
e) un membro designato dalla Conferenza Stato-Regioni. (45)
3. I componenti dell’organo di amministrazione sono nominati con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, durano in carica
tre anni, ed in ogni caso sino al rinnovo dell’organo medesimo. Per
ogni componente effettivo è designato un supplente. I componenti
non possono essere nominati per più di tre mandati consecutivi. Per la
partecipazione all’ONC non possono essere corrisposti a favore dei
componenti emolumenti gravanti sul FUN o sul bilancio dello Stato. (44)
4. Come suo primo atto, l’organo di amministrazione adotta lo statuto
dell’ONC col voto favorevole di almeno dodici dei suoi componenti.
Eventuali modifiche statutarie devono essere deliberate dall’organo di
amministrazione con la medesima maggioranza di voti.
5. L’ONC svolge le seguenti funzioni in conformità alle norme, ai
principi e agli obiettivi del presente decreto e alle disposizioni del
proprio statuto:
a) amministra il FUN e riceve i contributi delle FOB secondo
modalità da essa individuate;
b) determina i contributi integrativi dovuti dalle FOB ai sensi
dell’articolo 62, comma 11;
c) stabilisce il numero di enti accreditabili come CSV nel territorio
nazionale nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 61, commi 2 e 3;
d) definisce triennalmente, nel rispetto dei principi di sussidiarietà
e di autonomia ed indipendenza delle organizzazioni di volontariato e
di tutti gli altri enti del Terzo settore, gli indirizzi strategici generali da
perseguirsi attraverso le risorse del FUN;
e) determina l’ammontare del finanziamento stabile triennale dei
CSV e ne stabilisce la ripartizione annuale e territoriale, su base
regionale, secondo quanto previsto dall’articolo 62, comma 7;
f) versa annualmente ai CSV e all’associazione dei CSV più
rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV
ad essa aderenti le somme loro assegnate;
g) sottopone a verifica la legittimità e la correttezza dell’attività
svolta dall’associazione dei CSV di cui all’articolo 62, comma 7,
attraverso le risorse del FUN ad essa assegnate dall’ONC ai sensi
dell’articolo medesimo;
h) determina i costi del suo funzionamento, inclusi i costi di
funzionamento degli OTC e i costi relativi ai componenti degli organi di
controllo interno dei CSV, nominati ai sensi dell’articolo 65, comma 7,
lettera e); (42)
i) individua criteri obiettivi ed imparziali e procedure pubbliche e
trasparenti di accreditamento dei CSV, tenendo conto, tra gli altri
elementi, della rappresentatività degli enti richiedenti, espressa anche
dal numero di enti associati, della loro esperienza nello svolgimento
dei servizi di cui all’articolo 63, e della competenza delle persone che
ricoprono le cariche sociali;
j) accredita i CSV, di cui tiene un elenco nazionale che rende
pubblico con le modalità più appropriate;
k) definisce gli indirizzi generali, i criteri e le modalità operative cui
devono attenersi gli OTC nell’esercizio delle proprie funzioni, e ne
approva il regolamento di funzionamento;
l) predispone modelli di previsione e rendicontazione che i CSV
sono tenuti ad osservare nella gestione delle risorse del FUN;
m) controlla l’operato degli OTC e ne autorizza spese non
preventivate;
n) assume i provvedimenti sanzionatori nei confronti dei CSV, su
propria iniziativa o su iniziativa degli OTC;
o) promuove l’adozione da parte dei CSV di strumenti di verifica
della qualità dei servizi erogati dai CSV medesimi attraverso le risorse
del FUN, e ne valuta gli esiti;
p) predispone una relazione annuale sulla proprie attività e
sull’attività e lo stato dei CSV, che invia al Ministero del lavoro e delle
politiche sociali entro il 31 maggio di ogni anno e rende pubblica
attraverso modalità telematiche.
6. L’ONC non può finanziare iniziative o svolgere attività che non
siano direttamente connesse allo svolgimento delle funzioni di cui al
comma 5.
(42) Lettera così modificata dall’ art. 17, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(43) La Corte costituzionale, con sentenza 25 settembre – 12 ottobre
2018, n. 185 (Gazz. Uff. 17 ottobre 2018, n. 41, 1ª Serie speciale), ha
dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli
artt. 61, comma 2, 62, comma 7, 64, 65 e 72, quest’ultimo anche in
relazione all’art. 73, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 119 della Costituzione; ha dichiarato,
inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.
61, comma 2, 62, comma 7, 64 e 65 – quest’ultimo nel testo
introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs. n. 117
del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia,
in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e
120 Cost. e al principio di leale collaborazione; non fondate le
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 64 e 65 – quest’ultimo
nel testo introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs.
n. 117 del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 76 Cost..
(44) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M.
19 gennaio 2018.
(45) Vedi, anche, il D.M. 19 gennaio 2018.
Art. 65. Organismi territoriali di controllo (50)
1. Gli OTC sono uffici territoriali dell’ONC privi di autonoma
soggettività giuridica, chiamati a svolgere, nell’interesse generale,
funzioni di controllo dei CSV nel territorio di riferimento, in conformità
alle norme del presente decreto e allo statuto e alle direttive dell’ONC.
2. Sono istituiti i seguenti OTC:
Ambito 1: Liguria;
Ambito 2: Piemonte e Val d’Aosta;
Ambito 3: Lombardia;
Ambito 4: Veneto;
Ambito 5: Trento e Bolzano;
Ambito 6: Emilia-Romagna;
Ambito 7: Toscana;
Ambito 8: Marche e Umbria;
Ambito 9: Lazio e Abruzzo;
Ambito 10: Puglia e Basilicata;
Ambito 11: Calabria;
Ambito 12: Campania e Molise;
Ambito 13: Sardegna;
Ambito 14: Sicilia;
Ambito 15: Friuli Venezia Giulia. (46)
3. Gli OTC di cui agli ambiti 1, 3, 4, 6, 7, 11, 13, 14 e 15 sono
composti da: (47)
a) quattro membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati
dalle FOB;
b) un membro, espressione delle organizzazioni di volontariato del
territorio, designato dall’associazione degli enti del Terzo settore più
rappresentativa sul territorio di riferimento in ragione del numero di
enti del Terzo settore ad essa aderenti, aventi sede legale o operativa
nel territorio di riferimento;
c) un membro designato dalla Associazione nazionale dei comuni
italiani (ANCI);
d) un membro designato dalla Regione.
4. Gli OTC di cui agli ambiti 2, 5, 8, 9, 10 e 12 sono composti da: (48)
a) sette membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati
dalle FOB;
b) due membri, espressione delle organizzazioni di volontariato del
territorio, designati uno per ciascun territorio di riferimento,
dall’associazione degli enti del Terzo settore più rappresentativa sul
territorio di riferimento in ragione del numero di enti del Terzo settore
ad essa aderenti, aventi sede legale o operativa nei territori di
riferimento; (49)
c) due membri designati dalla Associazione nazionale dei comuni
italiani (ANCI);
d) due membri designati, uno per ciascun territorio di riferimento,
dalle Regioni o dalle Province autonome.
5. I componenti dell’OTC sono nominati con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, durano in carica tre anni, ed in ogni
caso sino al loro rinnovo, e non possono essere nominati per più di tre
mandati consecutivi. Per ogni componente effettivo è designato un
supplente. Per la partecipazione all’OTC non possono essere
corrisposti emolumenti a favore dei componenti, gravanti sul FUN o
sul bilancio dello Stato.
6. Come suo primo atto, ciascun OTC adotta un proprio regolamento
di funzionamento e lo invia all’ONC per la sua approvazione.
7. Gli OTC svolgono le seguenti funzioni in conformità alle norme, ai
principi e agli obiettivi del presente decreto, alle disposizioni dello
statuto e alle direttive dell’ONC, e al proprio regolamento che dovrà
disciplinarne nel dettaglio le modalità di esercizio:
a) ricevono le domande e istruiscono le pratiche di accreditamento
dei CSV, in particolare verificando la sussistenza dei requisiti di
accreditamento;
b) verificano periodicamente, con cadenza almeno biennale, il
mantenimento dei requisiti di accreditamento come CSV;
sottopongono altresì a verifica i CSV quando ne facciano richiesta
formale motivata il Presidente dell’organo di controllo interno del CSV
o un numero non inferiore al 30 per cento di enti associati o un
numero di enti non associati pari ad almeno il 5 per cento del totale
degli enti iscritti nelle pertinenti sezioni regionali del Registro unico
nazionale del Terzo settore;
c) ripartiscono tra i CSV istituiti in ciascuna regione il
finanziamento deliberato dall’ONC su base regionale ed ammettono a
finanziamento la programmazione dei CSV;
d) verificano la legittimità e la correttezza dell’attività dei CSV in
relazione all’uso delle risorse del FUN, nonché la loro generale
adeguatezza organizzativa, amministrativa e contabile, tenendo conto
delle disposizioni del presente decreto e degli indirizzi generali
strategici fissati dall’ONC;
e) nominano, tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro e con
specifica competenza in materia di Terzo settore, un componente
dell’organo di controllo interno del CSV con funzioni di presidente e
diritto di assistere alle riunioni dell’organo di amministrazione del
CSV;
f) propongono all’ONC l’adozione di provvedimenti sanzionatori nei
confronti dei CSV;
g) predispongono una relazione annuale sulla propria attività, che
inviano entro il 30 aprile di ogni anno all’ONC e rendono pubblica
mediante modalità telematiche.
8. Gli OTC non possono finanziare iniziative o svolgere attività che
non siano direttamente connesse allo svolgimento delle funzioni di cui
al comma 7.
(46) Comma così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(47) Alinea così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(48) Alinea così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(49) Lettera così modificata dall’ art. 18, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(50) La Corte costituzionale, con sentenza 25 settembre – 12 ottobre
2018, n. 185 (Gazz. Uff. 17 ottobre 2018, n. 41, 1ª Serie speciale), ha
dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli
artt. 61, comma 2, 62, comma 7, 64, 65 e 72, quest’ultimo anche in
relazione all’art. 73, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 119 della Costituzione; ha dichiarato,
inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.
61, comma 2, 62, comma 7, 64 e 65 – quest’ultimo nel testo
introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs. n. 117
del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia,
in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e
120 Cost. e al principio di leale collaborazione; non fondate le
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 64 e 65 – quest’ultimo
nel testo introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs.
n. 117 del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 76 Cost..
Art. 66. Sanzioni e ricorsi
1. In presenza di irregolarità, gli OTC invitano i CSV ad adottare i
provvedimenti e le misure necessarie a sanarle.
2. In presenza di irregolarità non sanabili o non sanate, gli OTC
denunciano l’irregolarità all’ONC affinché adotti i provvedimenti
necessari. L’ONC, previo accertamento dei fatti e sentito in
contraddittorio il CSV interessato, adotta i seguenti provvedimenti a
seconda della gravità del caso:
a) diffida formale con eventuale sospensione dell’accreditamento
nelle more della sanatoria dell’irregolarità;
b) revoca dell’accreditamento, esperita dopo aver sollecitato,
senza ottenere riscontro, il rinnovo dei componenti dell’organo di
amministrazione del CSV.
3. Contro i provvedimenti dell’ONC è ammesso ricorso dinanzi al
giudice amministrativo.

Capo III
Di altre specifiche misure

Art. 67. Accesso al credito agevolato
1. Le provvidenze creditizie e fideiussorie previste dalle norme vigenti
per le cooperative e i loro consorzi sono estese, senza ulteriori oneri
per lo Stato, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di
promozione sociale che, nell’ambito delle convenzioni di cui all’articolo
56, abbiano ottenuto l’approvazione di uno o più progetti di attività e
di servizi di interesse generale inerenti alle finalità istituzionali.
Art. 68. Privilegi
1. I crediti delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di
promozione sociale, inerenti allo svolgimento delle attività di cui
all’articolo 5, hanno privilegio generale sui beni mobili del debitore ai
sensi dell’articolo 2751-bis del codice civile.
2. I crediti di cui al comma 1 sono collocati, nell’ordine dei privilegi,
subito dopo i crediti di cui alla lettera c) del secondo comma
dell’articolo 2777 del codice civile.
Art. 69. Accesso al Fondo sociale europeo
1. Lo Stato, le Regioni e le Province autonome promuovono le
opportune iniziative per favorire l’accesso degli enti del Terzo settore
ai finanziamenti del Fondo sociale europeo e ad altri finanziamenti
europei per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi
istituzionali.
Art. 70. Strutture e autorizzazioni temporanee per manifestazioni
pubbliche
1. Lo Stato, le Regioni e Province autonome e gli Enti locali possono
prevedere forme e modi per l’utilizzazione non onerosa di beni mobili
e immobili per manifestazioni e iniziative temporanee degli enti del
Terzo settore, nel rispetto dei princìpi di trasparenza, pluralismo e
uguaglianza.
2. Gli enti del Terzo settore, in occasione di particolari eventi o
manifestazioni, possono, soltanto per il periodo di svolgimento delle
predette manifestazioni e per i locali o gli spazi cui si riferiscono,
somministrare alimenti e bevande, previa segnalazione certificata di
inizio attività e comunicazione ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento
(CE) n. 852/2004, in deroga al possesso dei requisiti di cui
all’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.
Art. 71. Locali utilizzati
1. Le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le
relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono
compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste
dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e
simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.
2. Lo Stato, le Regioni e Province autonome e gli Enti locali possono
concedere in comodato beni mobili ed immobili di loro proprietà, non
utilizzati per fini istituzionali, agli enti del Terzo settore, ad eccezione
delle imprese sociali, per lo svolgimento delle loro attività istituzionali.
La cessione in comodato ha una durata massima di trent’anni, nel
corso dei quali l’ente concessionario ha l’onere di effettuare
sull’immobile, a proprie cura e spese, gli interventi di manutenzione e
gli altri interventi necessari a mantenere la funzionalità dell’immobile.
3. I beni culturali immobili di proprietà dello Stato, delle regioni, degli
enti locali e degli altri enti pubblici, per l’uso dei quali attualmente non
è corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro,
possono essere dati in concessione a enti del terzo settore, che
svolgono le attività indicate all’articolo 5, comma 1, lettere f), i), k), o
z) con pagamento di un canone agevolato, determinato dalle
amministrazioni interessate, ai fini della riqualificazione e
riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero,
restauro, ristrutturazione a spese del concessionario, anche con
l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento
delle attività indicate, ferme restando le disposizioni contenute
nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La concessione d’uso è
finalizzata alla realizzazione di un progetto di gestione del bene che ne
assicuri la corretta conservazione, nonché l’apertura alla pubblica
fruizione e la migliore valorizzazione. Dal canone di concessione
vengono detratte le spese sostenute dal concessionario per gli
interventi indicati nel primo periodo entro il limite massimo del canone
stesso. L’individuazione del concessionario avviene mediante le
procedure semplificate di cui all’articolo 151, comma 3, del decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Le concessioni di cui al presente
comma sono assegnate per un periodo di tempo commisurato al
raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa e
comunque non eccedente i 50 anni.
4. Per concorrere al finanziamento di programmi di costruzione, di
recupero, di restauro, di adattamento, di adeguamento alle norme di
sicurezza e di straordinaria manutenzione di strutture o edifici da
utilizzare per le finalità di cui al comma 1, per la dotazione delle
relative attrezzature e per la loro gestione, gli enti del Terzo settore
sono ammessi ad usufruire, nei limiti delle risorse finanziarie
disponibili, al ricorrere dei presupposti e in condizioni di parità con gli
altri aspiranti, di tutte le facilitazioni o agevolazioni previste per i
privati, in particolare per quanto attiene all’accesso al credito
agevolato.

Capo IV
Delle risorse finanziarie

Art. 72. Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse
generale nel terzo settore (53) (54)
1. Il Fondo previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera g), della legge 6
giugno 2016, n. 106, è destinato a sostenere, anche attraverso le reti
associative di cui all’articolo 41, lo svolgimento di attività di interesse
generale di cui all’articolo 5, costituenti oggetto di iniziative e progetti
promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione
sociale e fondazioni del Terzo settore, iscritti nel Registro unico
nazionale del Terzo settore.
2. Le iniziative e i progetti di cui al comma 1 possono essere
finanziati anche in attuazione di accordi sottoscritti, ai sensi
dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dal Ministero del
lavoro e delle politiche sociali con le pubbliche amministrazioni di cui
all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
3. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina
annualmente, per un triennio, con proprio atto di indirizzo, previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, gli obiettivi
generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attività
finanziabili nei limiti delle risorse disponibili sul Fondo medesimo. (51)
4. In attuazione dell’atto di indirizzo di cui al comma 3, il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali individua i soggetti attuatori degli
interventi finanziabili attraverso le risorse del Fondo, mediante
procedure poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto
1990, n. 241.
5. Per l’anno 2017, la dotazione della seconda sezione del Fondo di
cui all’articolo 9, comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n.
106, è incrementata di 40 milioni di euro. A decorrere dall’anno 2018
la medesima dotazione è incrementata di 20 milioni di euro annui,
salvo che per l’anno 2021, per il quale è incrementata di 3,9 milioni di
euro. (52)
(51) Comma così modificato dall’ art. 19, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(52) Per la rideterminazione dell’autorizzazione di spesa di cui al
presente comma, vedi l’ art. 24-ter, comma 6, D.L. 23 ottobre 2018,
n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n.
136.
(53) Per la rideterminazione del fondo di cui al presente articolo vedi
l’ art. 67, comma 1, D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con
modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.
(54) La Corte costituzionale, con sentenza 25 settembre – 12 ottobre
2018, n. 185 (Gazz. Uff. 17 ottobre 2018, n. 41, 1ª Serie speciale), ha
dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli
artt. 61, comma 2, 62, comma 7, 64, 65 e 72, quest’ultimo anche in
relazione all’art. 73, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 119 della Costituzione; ha dichiarato,
inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.
61, comma 2, 62, comma 7, 64 e 65 – quest’ultimo nel testo
introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs. n. 117
del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia,
in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e
120 Cost. e al principio di leale collaborazione; non fondate le
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 64 e 65 – quest’ultimo
nel testo introdotto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 105 del 2018 – del D.Lgs.
n. 117 del 2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia, in riferimento all’art. 76 Cost..
Art. 73. Altre risorse finanziarie specificamente destinate al sostegno
degli enti del Terzo settore (55)
1. A decorrere dall’anno 2017, le risorse finanziarie del Fondo
nazionale per le politiche sociali, di cui all’articolo 20, comma 8,
della legge 8 novembre 2000, n. 328, destinate alla copertura degli
oneri relativi agli interventi in materia di Terzo settore di competenza
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui alle seguenti
disposizioni, sono trasferite, per le medesime finalità, su un apposito
capitolo di spesa iscritto nello stato di previsione del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, nel programma «Terzo settore
(associazionismo, volontariato, Onlus e formazioni sociali) e
responsabilità sociale delle imprese e delle organizzazioni»,
nell’ambito della missione «Diritti sociali, politiche sociali e famiglia»:
a) articolo 12, comma 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266, per
un ammontare di 2 milioni di euro;
b) articolo 1 della legge 15 dicembre 1998, n. 438, per un
ammontare di 5,16 milioni di euro;
c) articolo 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342,
per un ammontare di 7,75 milioni di euro;
d) articolo 13 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, per un
ammontare di 7,050 milioni di euro;
2. Con uno o più atti di indirizzo del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali sono determinati annualmente, nei limiti delle risorse
complessivamente disponibili, gli obiettivi generali, le aree prioritarie
di intervento, le linee di attività finanziabili e la destinazione delle
risorse di cui al comma 1 per le seguenti finalità:
a) sostegno alle attività delle organizzazioni di volontariato;
b) sostegno alle attività delle associazioni di promozione sociale;
c) contributi per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per
attività sanitarie e beni strumentali.
3. In attuazione degli atti di indirizzo di cui al comma 2, il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali individua, mediante procedure poste
in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, i
soggetti beneficiari delle risorse, che devono essere iscritti nel
Registro unico nazionale del Terzo settore.
(55) A norma dell’art. 102, comma 3, del presente provvedimento,
dalla data di efficacia del decreto finalizzato a dare attuazione a
quanto previsto dal comma 1 del presente articolo decorreranno le
abrogazioni previste dal suddetto art. 102, comma 3.
Art. 74. Sostegno alle attività delle organizzazioni di volontariato
1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera a), sono
finalizzate alla concessione di contributi per la realizzazione di progetti
sperimentali elaborati anche in partenariato tra loro e in
collaborazione con gli enti locali, dalle organizzazioni di volontariato
per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l’applicazione di
metodologie di intervento particolarmente avanzate.
Art. 75. Sostegno alle attività delle associazioni di promozione
sociale
1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera b), sono
finalizzate alla concessione di contributi per la realizzazione di progetti
elaborati dalle associazioni di promozione sociale, anche in
partenariato tra loro e in collaborazione con gli enti locali, volti alla
formazione degli associati, al miglioramento organizzativo e
gestionale, all’incremento della trasparenza e della rendicontazione al
pubblico delle attività svolte o a far fronte a particolari emergenze
sociali, in particolare attraverso l’applicazione di metodologie avanzate
o a carattere sperimentale.
2. Il contributo in favore dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 1,
lettera a), della legge 19 novembre 1987, n. 476, nella misura
indicata all’articolo 1 comma 2, della legge 15 dicembre 1998, n. 438,
continua ad essere corrisposto, a valere sulle risorse di cui all’articolo
73, comma 2, lettera b).
3. I soggetti di cui al comma 2 trasmettono entro un anno
dall’erogazione del contributo al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali la rendicontazione sull’utilizzazione nell’anno precedente del
contributo di cui al comma 2.
Art. 76. Contributo per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per
attività sanitarie e beni strumentali
1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera c), sono destinate
a sostenere l’attività di interesse generale delle organizzazioni di
volontariato attraverso l’erogazione di contributi per l’acquisto, da
parte delle medesime, di autoambulanze, autoveicoli per attività
sanitarie e di beni strumentali, utilizzati direttamente ed
esclusivamente per attività di interesse generale, che per le loro
caratteristiche non sono suscettibili di diverse utilizzazioni senza
radicali trasformazioni, nonché per la donazione dei beni ivi indicati
nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche da parte delle
organizzazioni di volontariato e delle fondazioni. (56)
2. Per l’acquisto di autoambulanze e di beni mobili iscritti in pubblici
registri destinati ad attività antincendio da parte dei vigili del fuoco
volontari, in alternativa a quanto disposto al comma 1, le
organizzazioni di volontariato possono conseguire il predetto
contributo nella misura corrispondente all’aliquota IVA del prezzo
complessivo di acquisto, mediante corrispondente riduzione del
medesimo prezzo praticata dal venditore. Il venditore recupera le
somme corrispondenti alla riduzione praticata mediante
compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241.
3. Per le organizzazioni di volontariato aderenti alle reti associative di
cui all’articolo 41, comma 2, la richiesta e l’erogazione dei contributi di
cui al comma 1 deve avvenire per il tramite delle reti medesime.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono
stabilite le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al
presente articolo. (57)
(56) Comma così modificato dall’ art. 20, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(57) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M.
16 novembre 2017.
Titolo IX
Titoli di solidarietà degli enti del terzo settore ed altre forme di
finanza sociale
Art. 77. Titoli di solidarietà
1. Al fine di favorire il finanziamento ed il sostegno delle attività di cui
all’articolo 5, svolte dagli enti del Terzo settore iscritti al Registro di
cui all’articolo 45, gli istituti di credito autorizzati ad operare in Italia,
in osservanza delle previsioni del testo unico delle leggi in materia
bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993,
n. 385, di seguito «emittenti» o, singolarmente, l’«emittente»,
possono emettere specifici «titoli di solidarietà», di seguito «titoli», su
cui gli emittenti non applicano le commissioni di collocamento. (60)
2. I titoli sono obbligazioni ed altri titoli di debito, non subordinati,
non convertibili e non scambiabili, e non conferiscono il diritto di
sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non sono
collegati ad uno strumento derivato, nonché certificati di deposito
consistenti in titoli individuali non negoziati nel mercato monetario.
3. Per le obbligazioni e per gli altri titoli di debito restano ferme le
disposizioni legislative e regolamentari in materia di strumenti
finanziari di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e
relative disposizioni attuative. Per i certificati di deposito consistenti in
titoli individuali non negoziati nel mercato monetario restano ferme le
disposizioni in materia di trasparenza bancaria dettate dal decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
4. Le obbligazioni e gli altri titoli di debito di cui al comma 3 hanno
scadenza non inferiore a 36 mesi, possono essere nominativi ovvero
al portatore e corrispondono interessi con periodicità almeno annuale,
in misura almeno pari al maggiore tra il tasso rendimento lordo annuo
di obbligazioni dell’emittente, aventi analoghe caratteristiche e durata,
collocate nel trimestre solare precedente la data di emissione dei titoli
e il tasso di rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con vita residua
similare a quella dei titoli. I certificati di deposito di cui al comma 3
hanno scadenza non inferiore a 12 mesi, corrispondono interessi con
periodicità almeno annuale, in misura almeno pari al maggiore tra il
tasso rendimento lordo annuo di certificati di deposito dell’emittente,
aventi analoghe caratteristiche e durata, emessi nel trimestre solare
precedente la data di emissione dei titoli e il tasso di rendimento lordo
annuo dei titoli di Stato con vita residua similare a quella dei titoli. Gli
emittenti possono applicare un tasso inferiore rispetto al maggiore tra
i due tassi di rendimento sopra indicati, a condizione che si riduca
corrispondentemente il tasso di interesse applicato sulle correlate
operazioni di finanziamento secondo le modalità indicate nel decreto
attuativo di cui al comma 15. A tale fine, gli emittenti devono essere
in grado di fornire un’evidenza, oggetto di approvazione da parte del
relativo organo amministrativo, dei tassi ordinariamente applicati sulle
operazioni di raccolta e sulle operazioni di impiego, equivalenti per
durata, forma tecnica, tipologia di tasso fisso o variabile e, se
disponibile, rischio di controparte. (58)
5. Gli emittenti possono erogare, a titolo di liberalità, una somma
commisurata all’ammontare nominale collocato dei titoli, ad uno o più
enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5,
per il sostegno di attività di cui all’articolo 5, ritenute meritevoli dagli
emittenti sulla base di un progetto predisposto dagli enti destinatari
della liberalità. Qualora tale somma sia almeno pari allo 0,60 per
cento del predetto ammontare agli emittenti spetta il credito
d’imposta di cui al comma 10. (61)
6. Gli emittenti, tenuto conto delle richieste di finanziamento
pervenute dagli enti del Terzo settore e compatibilmente con le
esigenze di rispetto delle regole di sana e prudente gestione bancaria,
devono destinare una somma pari all’intera raccolta effettuata
attraverso l’emissione dei titoli, al netto dell’eventuale erogazione
liberale di cui al comma 5, ad impieghi a favore degli enti del Terzo
settore di cui al comma 1, per il finanziamento di iniziative di cui
all’articolo 5. Le somme raccolte con l’emissione dei titoli e non
impiegate a favore degli enti del Terzo settore entro dodici mesi dal
loro collocamento sono utilizzate per la sottoscrizione o per l’acquisto
di titoli di Stato italiani aventi durata pari a quella originaria dei
relativi titoli. (62)
7. Salvo quanto previsto al comma 5, il rispetto da parte degli
emittenti della previsione di cui al comma 6 è condizione necessaria
per l’applicazione dei commi da 8 a 13.
8. I titoli di solidarietà non rilevano ai fini del computo delle
contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla vigilanza della
CONSOB e da quest’ultima determinate ai sensi dell’articolo 40,
comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
9. Gli interessi, i premi ed ogni altro provento di cui all’articolo 44 del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 e i redditi
diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter) del medesimo
decreto, relativi ai titoli, sono soggetti al regime fiscale previsto per i
medesimi redditi relativi a titoli ed altre obbligazioni di cui
all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973 n. 601.
10. Agli emittenti è riconosciuto un credito d’imposta pari al 50 per
cento delle erogazioni liberali in danaro di cui al comma 5 effettuate a
favore degli enti del Terzo settore. Tale credito d’imposta non è
cumulabile con altre agevolazioni tributarie previste con riferimento
alle erogazioni liberali, è utilizzabile tramite compensazione ai sensi
dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e non
rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle
attività produttive. Al credito d’imposta di cui al presente articolo non
si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24
dicembre 2007, n. 244 e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre
2000, n. 388.
11. I titoli non rilevano ai fini della previsione di cui all’articolo 1,
comma 6-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito,
con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
12. I titoli non concorrono alla formazione dell’attivo ereditario di cui
all’articolo 9 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.
13. I titoli non rilevano ai fini della determinazione dell’imposta di
bollo dovuta per le comunicazioni relative ai depositi titoli, di cui alla
nota 2-ter dell’allegato A – Tariffa (Parte I), al decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.
14. Gli emittenti devono comunicare al Ministero del lavoro e delle
politiche sociali entro il 31 marzo di ogni anno, il valore delle emissioni
di Titoli effettuate nell’anno precedente, le erogazioni liberali
impegnate a favore degli Enti di cui al comma 1 e gli importi erogati ai
sensi del comma 5 del presente articolo specificando l’Ente
beneficiario e le iniziative sostenute e gli importi impiegati di cui al
comma 6 specificando le iniziative oggetto di finanziamento. Gli
emittenti provvedono a pubblicare sul proprio sito internet, con
cadenza almeno annuale, i dati relativi ai finanziamenti erogati con
l’indicazione dell’ente beneficiario e delle iniziative sostenute ai sensi
del presente articolo. (59)
[15. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato
ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400,
sono stabilite le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente
articolo. (63) ]
(58) Comma così modificato dall’ art. 21, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(59) Comma così modificato dall’ art. 21, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(60) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 2, lett. a), D.L.
23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17
dicembre 2018, n. 136.
(61) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 2, lett. b), D.L.
23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17
dicembre 2018, n. 136.
(62) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 2, lett. c), D.L.
23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17
dicembre 2018, n. 136.
(63) Comma abrogato dall’ art. 24-ter, comma 2, lett. d), D.L. 23
ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17
dicembre 2018, n. 136.
Art. 78. Regime fiscale del Social Lending
1. I soggetti gestori delle piattaforme di cui all’articolo 44, comma 1,
lettera d-bis), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,
operano, sui redditi di capitale corrisposti a persone fisiche per il loro
tramite, una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta con l’aliquota
prevista per le obbligazioni e gli altri titoli di cui all’articolo 31 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601,
nel caso in cui i prestiti erogati attraverso le piattaforme siano stati
destinati al finanziamento e al sostegno delle attività di cui all’articolo
5. (64)
[2. Gli importi percepiti, a titolo di remunerazione, dai soggetti che,
al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, prestano fondi
attraverso i portali di cui al comma 1, costituiscono redditi di capitale
ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera a), del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. (65) ]
3. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi
ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400,
sono stabilite le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente
articolo.
(64) Comma così sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(65) Comma abrogato dall’ art. 22, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Titolo X
Regime fiscale degli enti del terzo settore
Capo I
Disposizioni generali

Art. 79. Disposizioni in materia di imposte sui redditi
1. Agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si
applicano le disposizioni di cui al presente titolo nonché le norme del
titolo II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917, in quanto compatibili.
2. Le attività di interesse generale di cui all’articolo 5, ivi incluse
quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le
amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l’Unione europea, amministrazioni
pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale,
si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo
gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi
effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti di cui
sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti
dall’ordinamento.
2-bis. Le attività di cui al comma 2 si considerano non commerciali
qualora i ricavi non superino di oltre il 5 per cento i relativi costi per
ciascun periodo d’imposta e per non oltre due periodi d’imposta
consecutivi. (70)
3. Sono altresì considerate non commerciali:
a) le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettera h), se svolte
direttamente dagli enti di cui al comma 1 la cui finalità principale
consiste nello svolgere attività di ricerca scientifica di particolare
interesse sociale e purché tutti gli utili siano interamente reinvestiti
nelle attività di ricerca e nella diffusione gratuita dei loro risultati e
non vi sia alcun accesso preferenziale da parte di altri soggetti privati
alle capacità di ricerca dell’ente medesimo nonché ai risultati prodotti;
b) le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettera h), affidate dagli
enti di cui al comma 1 ad università e altri organismi di ricerca che la
svolgono direttamente in ambiti e secondo modalità definite
dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2003, n. 135;
b-bis) le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a), b) e c),
se svolte da fondazioni delle ex istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza, a condizione che gli utili siano interamente reinvestiti
nelle attività di natura sanitaria o socio-sanitaria e che non sia
deliberato alcun compenso a favore degli organi amministrativi (71)
.
4. Non concorrono, in ogni caso, alla formazione del reddito degli enti
del Terzo settore di cui al comma 5:
a) i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate
occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di
servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o
campagne di sensibilizzazione;
b) i contributi e gli apporti erogati da parte delle amministrazioni
pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165 per lo svolgimento, anche convenzionato o in
regime di accreditamento di cui all’articolo 9, comma 1, lettera g), del
decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, delle attività di cui ai
commi 2 e 3 del presente articolo (66)
.
5. Si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore di cui al
comma 1 che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui
all’articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del
presente articolo. Indipendentemente dalle previsioni statutarie gli
enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti
commerciali qualora i proventi delle attività di cui all’articolo 5, svolte
in forma d’impresa non in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3
del presente articolo, nonché le attività di cui all’articolo 6, fatta
eccezione per le attività di sponsorizzazione svolte nel rispetto dei
criteri di cui al decreto previsto all’articolo 6, superano, nel medesimo
periodo d’imposta, le entrate derivanti da attività non commerciali. (67)
5-bis. Si considerano entrate derivanti da attività non commerciali i
contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative dell’ente e
ogni altra entrata assimilabile alle precedenti, ivi compresi i proventi e
le entrate considerate non commerciali ai sensi dei commi 2, 3 e 4
tenuto conto altresì del valore normale delle cessioni o prestazioni
afferenti le attività svolte con modalità non commerciali. (68)
5-ter. Il mutamento della qualifica, da ente di terzo settore non
commerciale a ente di terzo settore commerciale, opera a partire dal
periodo d’imposta in cui l’ente assume natura commerciale. (68)
6. Si considera non commerciale l’attività svolta dalle associazioni del
Terzo settore nei confronti dei propri associati e dei familiari e
conviventi degli stessi in conformità alle finalità istituzionali dell’ente.
Non concorrono alla formazione del reddito delle associazioni del
Terzo settore le somme versate dagli associati a titolo di quote o
contributi associativi. Si considerano, tuttavia, attività di natura
commerciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei
confronti degli associati e dei familiari e conviventi degli stessi verso
pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote
supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse
prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla
formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di
impresa o come redditi diversi a seconda che le relative operazioni
abbiano carattere di abitualità o di occasionalità. (69)
(66) Lettera così modificata dall’ art. 23, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(67) Comma così modificato dall’ art. 23, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(68) Comma inserito dall’ art. 23, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(69) Comma così modificato dall’ art. 23, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(70) Comma inserito dall’ art. 24-ter, comma 3, D.L. 23 ottobre 2018,
n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n.
136.
(71) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 82, L. 30 dicembre 2018, n.
145, a decorrere dal 1° gennaio 2019; per l’applicabilità delle
agevolazioni previste dalla presente lettera vedi l’ art. 1, comma 83,
della medesima Legge n. 145/2018.
Art. 80. Regime forfetario degli enti del Terzo settore non
commerciali
1. Gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79,
comma 5, possono optare per la determinazione forfetaria del reddito
d’impresa applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio
delle attività di cui agli articoli 5 e 6, quando svolte con modalità
commerciali, il coefficiente di redditività nella misura indicata nelle
lettere a) e b) e aggiungendo l’ammontare dei componenti positivi di
reddito di cui agli articoli 86, 88, 89 e 90 del testo unico delle imposte
sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917:
a) attività di prestazioni di servizi:
1) ricavi fino a 130.000 euro, coefficiente 7 per cento;
2) ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, coefficiente 10 per
cento;
3) ricavi oltre 300.000 euro, coefficiente 17 per cento;
b) altre attività:
1) ricavi fino a 130.000 euro, coefficiente 5 per cento;
2) ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, coefficiente 7 per
cento;
3) ricavi oltre 300.000 euro, coefficiente 14 per cento.
2. Per gli enti che esercitano contemporaneamente prestazioni di
servizi ed altre attività il coefficiente si determina con riferimento
all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente. In mancanza
della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le
attività di prestazioni di servizi.
3. L’opzione di cui al comma 1 è esercitata nella dichiarazione
annuale dei redditi ed ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel
corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e comunque
per un triennio. La revoca dell’opzione è effettuata nella dichiarazione
annuale dei redditi ed ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel
corso del quale la dichiarazione stessa è presentata.
4. Gli enti che intraprendono l’esercizio d’impresa commerciale
esercitano l’opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi
dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633, e successive modificazioni.
5. I componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni
precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui
tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni
del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che
dispongono o consentono il rinvio, partecipano per le quote residue
alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di
efficacia del predetto regime.
6. Le perdite fiscali generatesi nei periodi d’imposta anteriori a quello
da cui decorre il regime forfetario possono essere computate in
diminuzione del reddito determinato ai sensi dei commi 1 e 2 secondo
le regole ordinarie stabilite dal testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917.
7. Gli Enti che optano per la determinazione forfetaria del reddito di
impresa ai sensi del presente articolo sono esclusi dall’applicazione
degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30
agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29
ottobre 1993, n. 427 e dei parametri di cui all’articolo 3, comma 184,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché degli indici sintetici di
affidabilità di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n.
50 convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96. (72)
(72) Comma così modificato dall’ art. 24, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Art. 81. Social Bonus
1. E’ istituito un credito d’imposta pari al 65 per cento delle
erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche e del 50 per
cento se effettuate da enti o società in favore degli enti del Terzo
settore, che hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici
inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità
organizzata assegnati ai suddetti enti del Terzo settore e da questi
utilizzati esclusivamente per lo svolgimento di attività di cui all’art. 5
con modalità non commerciali. Per le suddette erogazioni non si
applicano le disposizioni di cui all’articolo 83 né le agevolazioni fiscali
previste a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre
disposizioni di legge.
2. Il credito d’imposta spettante ai sensi del comma 1 è riconosciuto
alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per
cento del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d’impresa
nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui. Il credito d’imposta è ripartito
in tre quote annuali di pari importo.
3. Per i soggetti titolari di reddito d’impresa, ferma restando la
ripartizione in tre quote annuali di pari importo, il credito d’imposta di
cui ai commi 1 e 2 è utilizzabile tramite compensazione ai sensi
dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e non
rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle
attività produttive. (73)
4. Al credito d’imposta di cui al presente articolo non si applicano i
limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
5. I soggetti beneficiari delle erogazioni liberali di cui al comma 1 del
presente articolo effettuate per la realizzazione di interventi di
manutenzione, protezione e restauro dei beni stessi, comunicano
trimestralmente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali
l’ammontare delle erogazioni liberali ricevute nel trimestre di
riferimento; provvedono altresì a dare pubblica comunicazione di tale
ammontare, nonché della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni
stesse, tramite il proprio sito web istituzionale, nell’ambito di una
pagina dedicata e facilmente individuabile, e in un apposito portale,
gestito dal medesimo Ministero, in cui ai soggetti destinatari delle
erogazioni liberali sono associate tutte le informazioni relative allo
stato di conservazione del bene, gli interventi di ristrutturazione o
riqualificazione eventualmente in atto, i fondi pubblici assegnati per
l’anno in corso, l’ente responsabile del bene, nonché le informazioni
relative alla fruizione, per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 5. (74)
6. Sono fatte salve le disposizioni del Codice in materia di protezione
dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
7. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro dell’economia e delle
finanze e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo,
emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988
n. 400, sono individuate le modalità di attuazione delle agevolazioni
previste dal presente articolo, comprese le procedure per
l’approvazione dei progetti di recupero finanziabili.
(73) Comma così modificato dall’ art. 25, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(74) Comma così modificato dall’ art. 25, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
Art. 82. Disposizioni in materia di imposte indirette e tributi locali
1. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli enti del Terzo
settore comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali
costituite in forma di società, salvo quanto previsto ai commi 4 e 6.
2. Non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni e alle
imposte ipotecaria e catastale i trasferimenti a titolo gratuito effettuati
a favore degli enti di cui al comma 1 utilizzati ai sensi dell’articolo 8,
comma 1.
3. Agli atti costitutivi e alle modifiche statutarie, comprese le
operazioni di fusione, scissione o trasformazione poste in essere da
enti del Terzo settore di cui al comma 1, le imposte di registro,
ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa. Le modifiche
statutarie di cui al periodo precedente sono esenti dall’imposta di
registro se hanno lo scopo di adeguare gli atti a modifiche o
integrazioni normative. Gli atti costitutivi e quelli connessi allo
svolgimento delle attività delle organizzazioni di volontariato sono
esenti dall’imposta di registro. (75)
4. Le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura
fissa per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni
immobili e per gli atti traslativi o costituitivi di diritti reali immobiliari
di godimento a favore di tutti gli enti del Terzo settore di cui al comma
1, incluse le imprese sociali, a condizione che i beni siano
direttamente utilizzati, entro cinque anni dal trasferimento, in diretta
attuazione degli scopi istituzionali o dell’oggetto sociale e che l’ente
renda, contestualmente alla stipula dell’atto, apposita dichiarazione in
tal senso. In caso di dichiarazione mendace o di mancata effettiva
utilizzazione del bene in diretta attuazione degli scopi istituzionali o
dell’oggetto sociale, è dovuta l’imposta nella misura ordinaria, nonché
la sanzione amministrativa pari al 30 per cento dell’imposta dovuta
oltre agli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta
avrebbe dovuto essere versata.
5. Gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche
se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le
attestazioni e ogni altro documento cartaceo o informatico in
qualunque modo denominato posti in essere o richiesti dagli enti di cui
al comma 1 sono esenti dall’imposta di bollo.
6. Gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali del
Terzo settore di cui all’articolo 79, comma 5, destinati esclusivamente
allo svolgimento con modalità non commerciali, di attività
assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche,
ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui
all’articolo 16, comma 1, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n.
222, sono esenti dall’imposta municipale propria e dal tributo per i
servizi indivisibili alle condizioni e nei limiti previsti dall’articolo 7,
comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504,
dall’articolo 9, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 14
marzo 2011, n. 23, dall’articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio
2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012,
n. 27, e dall’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 6 marzo 2014, n.
16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, e
relative disposizioni di attuazione.
7. Per i tributi diversi dall’imposta municipale propria e dal tributo per
i servizi indivisibili, per i quali restano ferme le disposizioni di cui al
comma 6, i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni
possono deliberare nei confronti degli enti del Terzo settore che non
hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività
commerciale la riduzione o l’esenzione dal pagamento dei tributi di
loro pertinenza e dai connessi adempimenti.
8. Le regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano possono
disporre nei confronti degli enti di cui al comma 1 del presente articolo
la riduzione o l’esenzione dall’imposta regionale sulle attività
produttive di cui decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nel
rispetto della normativa dell’Unione europea e degli orientamenti della
Corte di giustizia dell’Unione europea.
9. L’imposta sugli intrattenimenti non è dovuta per le attività indicate
nella tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 640, svolte dagli enti di cui al comma 1 del presente
articolo occasionalmente o in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze
o campagne di sensibilizzazione. L’esenzione spetta a condizione che
dell’attività sia data comunicazione, prima dell’inizio di ciascuna
manifestazione, al concessionario di cui all’articolo 17 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640.
10. Gli atti e i provvedimenti relativi agli enti di cui al comma 1 del
presente articolo sono esenti dalle tasse sulle concessioni governative
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
641.
(75) Comma così modificato dall’ art. 26, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Art. 83. Detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali
1. Dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae un
importo pari al 30 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente per
le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli enti del Terzo
settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, per un
importo complessivo in ciascun periodo d’imposta non superiore a
30.000 euro. L’importo di cui al precedente periodo è elevato al 35
per cento degli oneri sostenuti dal contribuente, qualora l’erogazione
liberale sia a favore di organizzazioni di volontariato. La detrazione è
consentita, per le erogazioni liberali in denaro, a condizione che il
versamento sia eseguito tramite banche o uffici postali ovvero
mediante altri sistemi di pagamento previsti
dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. (78)
2. Le liberalità in denaro o in natura erogate a favore degli enti del
Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, da
persone fisiche, enti e società sono deducibili dal reddito complessivo
netto del soggetto erogatore nel limite del 10 per cento del reddito
complessivo dichiarato. Qualora la deduzione sia di ammontare
superiore al reddito complessivo dichiarato, diminuito di tutte le
deduzioni, l’eccedenza può essere computata in aumento dell’importo
deducibile dal reddito complessivo dei periodi di imposta successivi,
ma non oltre il quarto, fino a concorrenza del suo ammontare. Con
apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate
le tipologie dei beni in natura che danno diritto alla detrazione o alla
deduzione d’imposta e sono stabiliti i criteri e le modalità di
valorizzazione delle liberalità di cui ai commi 1 e 2. (79)
3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a condizione
che l’ente dichiari la propria natura non commerciale ai sensi
dell’articolo 79, comma 5, al momento dell’iscrizione nel Registro
unico di cui all’articolo 45. La perdita della natura non commerciale va
comunicata dal rappresentante legale dell’ente all’Ufficio del Registro
unico nazionale del Terzo settore della Regione o della Provincia
autonoma in cui l’ente ha la sede legale, entro trenta giorni dalla
chiusura del periodo d’imposta nel quale si è verificata. In caso di
mancato tempestivo invio di detta comunicazione, il legale
rappresentante dell’ente è punito con la sanzione amministrativa da
500 euro a 5.000 euro.
4. Ferma restando la non cumulabilità delle agevolazioni di cui ai
commi 1 e 2, i soggetti che effettuano erogazioni liberali ai sensi del
presente articolo non possono cumulare la detraibilità e la deducibilità
con altra agevolazione fiscale prevista a titolo di detrazione o di
deduzione di imposta da altre disposizioni di legge a fronte delle
medesime erogazioni. (77)
5. Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei
contributi associativi per un importo non superiore a 1.300 euro
versati dai soci alle società di mutuo soccorso che operano
esclusivamente nei settori di cui all’articolo 1 della legge 15 aprile
1886, n. 3818, al fine di assicurare ai soci un sussidio nei casi di
malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero, in caso di
decesso, un aiuto alle loro famiglie. (76)
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli enti del
terzo settore di cui al comma 1 dell’articolo 82 a condizione che le
liberalità ricevute siano utilizzate ai sensi dell’articolo 8, comma 1.
(76) Comma così modificato dall’ art. 5-quater, comma 1, D.L. 16
ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4
dicembre 2017, n. 172.
(77) Comma così sostituito dall’ art. 27, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(78) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 4, D.L. 23
ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17
dicembre 2018, n. 136.
(79) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M.
28 novembre 2019.
Capo II
Disposizioni sulle organizzazioni di volontariato e sulle
associazioni di promozione sociale
Art. 84. Regime fiscale delle organizzazioni di volontariato e degli
enti filantropici (80)
1. Non si considerano commerciali, oltre alle attività di cui all’articolo
79, commi 2, 3 e 4, le seguenti attività effettuate dalle organizzazioni
di volontariato e svolte senza l’impiego di mezzi organizzati
professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato: (81)
a) attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini
di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente
dall’organizzazione senza alcun intermediario;
b) cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari
sempreché la vendita dei prodotti sia curata direttamente
dall’organizzazione di volontariato senza alcun intermediario;
c) attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione
di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale.
2. I redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di
attività non commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato
sono esenti dall’imposta sul reddito delle società.
2-bis. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche alle
organizzazioni di volontariato che, a seguito di trasformazione in enti
filantropici, sono iscritte nella specifica sezione del Registro Unico
Nazionale del Terzo settore. (82)
(80) Rubrica così modificata dall’ art. 28, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(81) Alinea così modificato dall’ art. 28, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(82) Comma aggiunto dall’ art. 28, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Art. 85. Regime fiscale delle associazioni di promozione sociale
1. Non si considerano commerciali le attività svolte dalle associazioni
di promozione sociale in diretta attuazione degli scopi istituzionali
effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti dei
propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, ovvero degli
associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che
per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di
un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché nei confronti di
enti composti in misura non inferiore al settanta percento da enti del
Terzo settore ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera m).
2. Non si considerano, altresì, commerciali, ai fini delle imposte sui
redditi, le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute
prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi
verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi
istituzionali.
3. In deroga a quanto previsto dai commi 1 e 2 del presente articolo
si considerano comunque commerciali, ai fini delle imposte sui redditi,
le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, le somministrazioni di
pasti, le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, le
prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e le
prestazioni di servizi portuali e aeroportuali nonché le prestazioni
effettuate nell’esercizio delle seguenti attività:
a) gestione di spacci aziendali e di mense;
b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
d) pubblicità commerciale;
e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
4. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di
cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n.
287, iscritte nell’apposito registro, le cui finalità assistenziali siano
riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considera in ogni caso
commerciale, anche se effettuata a fronte del pagamento di
corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti o bevande
effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale da
bar e esercizi similari, nonché l’organizzazione di viaggi e soggiorni
turistici, sempre che vengano soddisfatte le seguenti condizioni:
a) tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in
diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti
degli associati e dei familiari conviventi degli stessi;
b) per lo svolgimento di tale attività non ci si avvalga di alcuno
strumento pubblicitario o comunque di diffusione di informazioni a
soggetti terzi, diversi dagli associati.
5. Le quote e i contributi corrisposti alle associazioni di promozione
sociale di cui al presente articolo non concorrono alla formazione della
base imponibile, ai fini dell’imposta sugli intrattenimenti.
6. Non si considerano commerciali le attività di vendita di beni
acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione
che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun
intermediario e sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati
professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato.
7. I redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di
attività non commerciale da parte delle associazioni di promozione
sociale sono esenti dall’imposta sul reddito delle società.
Art. 86. Regime forfetario per le attività commerciali svolte dalle
associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di
volontariato
1. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione
sociale possono applicare, in relazione alle attività commerciali svolte,
il regime forfetario di cui al presente articolo se nel periodo d’imposta
precedente hanno percepito ricavi, ragguagliati al periodo d’imposta,
non superiori a 130.000 euro o alla diversa soglia che dovesse essere
autorizzata dal Consiglio dell’Unione europea in sede di rinnovo della
decisione in scadenza al 31 dicembre 2019 o alla soglia che sarà
eventualmente armonizzata in sede europea. Fino al sopraggiungere
della predetta autorizzazione si applica la misura speciale di deroga
rilasciata dal Consiglio dell’Unione europea ai sensi
dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE.
2. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione
sociale possono avvalersi del regime forfetario comunicando nella
dichiarazione annuale o, nella dichiarazione di inizio di attività di cui
all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633, di presumere la sussistenza dei requisiti di cui al comma
1 del presente articolo.
3. Le organizzazioni di volontariato che applicano il regime forfetario
determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi
percepiti nei limiti di cui al comma 1 un coefficiente di redditività pari
all’1 per cento. Le associazioni di promozione sociale che applicano il
regime forfetario determinano il reddito imponibile applicando
all’ammontare dei ricavi percepiti nei limiti di cui al comma 1 un
coefficiente di redditività pari al 3 per cento.
4. Qualora sia esercitata l’opzione per il regime forfetario di cui ai
commi precedenti si applica il comma 5 e 6 dell’articolo 80
considerando quale reddito dal quale computare in diminuzione le
perdite quello determinato ai sensi del comma 3.
5. Fermo restando l’obbligo di conservare, ai sensi
dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, i documenti ricevuti ed emessi, le
organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale
che applicano il regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di
registrazione e di tenuta delle scritture contabili. La dichiarazione dei
redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti nel
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio
1998, n. 322.
6. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione
sociale che applicano il regime forfetario non sono tenuti a operare le
ritenute alla fonte di cui al titolo III del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; tuttavia, nella dichiarazione
dei redditi, i medesimi contribuenti indicano il codice fiscale del
percettore dei redditi per i quali all’atto del pagamento degli stessi
non è stata operata la ritenuta e l’ammontare dei redditi stessi.
7. Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, le organizzazioni di
volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il
regime forfetario:
a) non esercitano la rivalsa dell’imposta di cui
all’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633, per le operazioni nazionali;
b) applicano alle cessioni di beni intracomunitarie l’articolo 41,
comma 2-bis, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito,
con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
c) applicano agli acquisti di beni intracomunitari l’articolo 38,
comma 5, lettera c), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
d) applicano alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non
residenti o rese ai medesimi gli articoli 7-ter e seguenti del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
e) applicano alle importazioni, alle esportazioni e alle operazioni ad
esse assimilate le disposizioni di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ferma restando l’impossibilità di
avvalersi della facoltà di acquistare senza applicazione dell’imposta ai
sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), e comma 2, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Per le operazioni di cui al presente comma le organizzazioni di
volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il
regime forfettario non hanno diritto alla detrazione dell’imposta sul
valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti ai sensi
degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 633.
8. Salvo quanto disposto dal comma 9, le organizzazioni di
volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il
regime forfetario sono esonerati dal versamento dell’imposta sul
valore aggiunto e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione
degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di
acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di
conservazione dei relativi documenti. Resta fermo l’esonero
dall’obbligo di certificazione di cui all’articolo 2 del regolamento di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696 e
successive modificazioni.
9. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione
sociale che applicano il regime forfetario, per le operazioni per le quali
risultano debitori dell’imposta, emettono la fattura o la integrano con
l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e versano l’imposta
entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle
operazioni.
10. Il passaggio dalle regole ordinarie di applicazione dell’imposta sul
valore aggiunto al regime forfetario comporta la rettifica della
detrazione di cui all’articolo 19-bis del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da operarsi nella dichiarazione
dell’ultimo periodo d’imposta di applicazione delle regole ordinarie. In
caso di passaggio, anche per opzione, dal regime forfetario alle regole
ordinarie è operata un’analoga rettifica della detrazione nella
dichiarazione del primo periodo d’imposta di applicazione delle regole
ordinarie.
11. Nell’ultima liquidazione relativa al periodo d’imposta in cui è
applicata l’imposta sul valore aggiunto è computata anche l’imposta
relativa alle operazioni, per le quali non si è ancora verificata
l’esigibilità, di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e all’articolo 32-
bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Nella stessa
liquidazione può essere esercitato, ai sensi degli articoli 19 e
seguenti del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del
1972, il diritto alla detrazione dell’imposta relativa alle operazioni di
acquisto effettuate in vigenza dell’opzione di cui all’articolo 32-bis del
citato decreto-legge n. 83 del 2012, i cui corrispettivi non sono stati
ancora pagati.
12. L’eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione presentata
dalle organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione
sociale che applicano il regime forfetario, relativa all’ultimo periodo
d’imposta in cui l’imposta sul valore aggiunto è applicata nei modi
ordinari, può essere chiesta a rimborso ovvero può essere utilizzata in
compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241.
13. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione
sociale che applicano il regime forfetario possono optare per
l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e
delle imposte sul reddito nei modi ordinari ovvero in quelli di cui
all’articolo 80. L’opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata
con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente
alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel
regime ordinario, l’opzione resta valida per ciascun periodo d’imposta
successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della
scelta operata.
14. Il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dal
periodo d’imposta successivo a quello in cui viene meno taluna delle
condizioni di cui al comma 1.
15. Nel caso di passaggio da un periodo d’imposta soggetto al regime
forfetario a un periodo d’imposta soggetto al regime ordinario ovvero
a quello di cui all’articolo 80, al fine di evitare salti o duplicazioni di
imposizione, i ricavi che, in base alle regole del regime forfetario,
hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella
determinazione del reddito degli anni successivi ancorché di
competenza di tali periodi; viceversa i ricavi che, ancorché di
competenza del periodo in cui il reddito è stato determinato in base
alle regole del regime forfetario, non hanno concorso a formare il
reddito imponibile del periodo assumono rilevanza nei periodi di
imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti
previsti dal regime forfetario. Corrispondenti criteri si applicano per
l’ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario ovvero da quello di
cui all’articolo 80 a quello forfetario. Nel caso di passaggio da un
periodo di imposta soggetto al regime forfetario a un periodo di
imposta soggetto a un diverso regime, i costi sostenuti nel periodo di
applicazione del regime forfetario non assumono rilevanza nella
determinazione del reddito degli anni successivi. Nel caso di cessione,
successivamente all’uscita dal regime forfetario, di beni strumentali
acquisiti in esercizi precedenti a quello da cui decorre il regime
forfetario, ai fini del calcolo dell’eventuale plusvalenza o minusvalenza
determinata, rispettivamente, ai sensi degli articoli 86 e 101 del testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si assume come costo non
ammortizzato quello risultante alla fine dell’esercizio precedente a
quello dal quale decorre il regime. Se la cessione concerne beni
strumentali acquisiti nel corso del regime forfetario, si assume come
costo non ammortizzabile il prezzo di acquisto.
16. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione
sociale che applicano il regime forfetario sono escluse dall’applicazione
degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30
agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29
ottobre 1993, n. 427 e dei parametri di cui all’articolo 3, comma 184,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché degli indici sintetici di
affidabilità di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n.
50 convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1 della legge
21 giugno 2017, n. 96. (83)
(83) Comma così modificato dall’ art. 29, comma 1, D.Lgs. 3 agosto
2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Capo III
Delle scritture contabili
Art. 87. Tenuta e conservazione delle scritture contabili degli Enti del
terzo settore
1. Gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79,
comma 5, che non applicano il regime forfetario di cui all’articolo 86, a
pena di decadenza dai benefici fiscali per esse previsti, devono:
a) in relazione all’attività complessivamente svolta, redigere
scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con
compiutezza e analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo
di gestione, e rappresentare adeguatamente nel bilancio di cui
all’articolo 13 distintamente le attività indicate all’articolo 6 da quelle
di cui all’articolo 5, con obbligo di conservare le stesse scritture e la
relativa documentazione per un periodo non inferiore quello indicato
dall’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600; (84)
b) in relazione alle attività svolte con modalità commerciali, di cui
agli articoli 5 e 6, tenere le scritture contabili previste dalle
disposizioni di cui all’articolo 18 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, anche al di fuori dei limiti
quantitativi previsti al comma 1 del medesimo articolo.
2. Gli obblighi di cui al comma 1, lettera a), si considerano assolti
anche qualora la contabilità consti del libro giornale e del libro degli
inventari, tenuti in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216
e 2217 del codice civile.
3. I soggetti di cui al comma 1 che nell’esercizio delle attività di cui
agli articoli 5 e 6 non abbiano conseguito in un anno proventi di
ammontare superiore all’importo stabilito dall’articolo 13, comma 2
possono tenere per l’anno successivo, in luogo delle scritture contabili
previste al primo comma, lettera a), il rendiconto di cassa di cui
all’articolo 13, comma 2. (85)
4. In relazione all’attività commerciale esercitata, gli enti del Terzo
settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, hanno
l’obbligo di tenere la contabilità separata.
5. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 86, commi 5 e 8 , e fermi
restando gli obblighi previsti dal titolo secondo del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, gli enti del Terzo
settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, limitatamente
alle attività non commerciali di cui agli articoli 5 e 6, non sono
soggetti all’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta
o scontrino fiscale.
6. Gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79,
comma 5, che effettuano raccolte pubbliche di fondi devono inserire
all’interno del bilancio redatto ai sensi dell’articolo 13 un rendiconto
specifico redatto ai sensi del comma 3 dell’articolo 48, tenuto e
conservato ai sensi dell’articolo 22 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dal quale devono risultare,
anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e
trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna delle
celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione di cui
all’articolo 79, comma 4, lettera a). Il presente comma si applica
anche ai soggetti che si avvalgono del regime forfetario di cui
all’articolo 86. (86)
7. Entro tre mesi dal momento in cui si verificano i presupposti di cui
all’articolo 79, comma 5, ai fini della qualificazione dell’ente del Terzo
settore come ente commerciale, tutti i beni facenti parte del
patrimonio dovranno essere compresi nell’inventario di cui
all’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, con l’obbligo per il predetto ente di tenere le
scritture contabili di cui agli articoli 14, 15, 16 del medesimo decreto
del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Le registrazioni nelle
scritture cronologiche delle operazioni comprese dall’inizio del periodo
di imposta al momento in cui si verificano i presupposti che
determinano il mutamento della qualifica di cui all’articolo 79, comma
5, devono essere eseguite, in deroga alla disciplina ordinaria, entro tre
mesi decorrenti dalla sussistenza dei suddetti presupposti.
(84) Lettera così modificata dall’ art. 30, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(85) Comma così modificato dall’ art. 30, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
(86) Comma così modificato dall’ art. 30, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3
agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di
quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n.
105/2018.
Capo IV
Delle disposizioni transitorie e finali
Art. 88. «De minimis»
1. Le agevolazioni di cui all’articolo 82, commi 7 e 8 e all’articolo 85,
commi 2 e 4, sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE)
n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo
all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea agli aiuti «de minimis», e del regolamento (UE) n.
1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo
all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo.
Art. 89. Coordinamento normativo
1. Agli enti del Terzo settore di cui all’articolo 79, comma 1, non si
applicano le seguenti disposizioni:
a) l’articolo 143, comma 3, l’articolo 144, commi 2, 5 e 6 e
gli articoli 148 e 149 del testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917;
b) l’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 ottobre
1990, n. 346 e gli articoli 1, comma 2 e 10, comma 3 del decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 347;
c) la legge 16 dicembre 1991, n. 398.
2. Le norme di cui al comma 1, lettera b) continuano ad applicarsi ai
trasferimenti a titolo gratuito, non relativi alle attività di cui all’articolo
5, eseguiti a favore dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 3, iscritti
nel Registro unico nazionale del Terzo Settore.
3. Ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 3, iscritti nel Registro unico
nazionale del Terzo settore gli articoli da 143 a 148 del testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applicano limitatamente alle
attività diverse da quelle elencate all’articolo 5, purché siano in
possesso dei requisiti qualificanti ivi previsti. (87)
4. All’articolo 148, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi,
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917, le parole: «Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria,
religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di
promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona,
nonché per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie
agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a
servizi di pubblico interesse» sono sostituite dalle seguenti: «Per le
associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali,
sportive dilettantistiche, nonché per le strutture periferiche di natura
privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la
funzione di preposto a servizi di pubblico interesse». (88)
5. All’articolo 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 601, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «La
riduzione non si applica agli enti iscritti nel Registro Unico nazionale
del terzo settore. Ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 3, codice del
Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6
giugno 2016, n. 106, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo
settore, la riduzione si applica limitatamente alle attività diverse da
quelle elencate all’articolo 5 del medesimo decreto legislativo».
6. All’articolo 52, comma 1, del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le parole: «al decreto legislativo
4 dicembre 1997, n. 460» sono sostituite dalle seguenti: «al codice
del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge
6 giugno 2016, n. 106».
7. Si intendono riferite agli enti non commerciali del Terzo settore di
cui all’articolo 82, comma 1, le disposizioni normative vigenti riferite
alle ONLUS in quanto compatibili con le disposizioni del presente
decreto. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3, terzo comma, primo periodo, le parole «di enti e
associazioni che senza scopo di lucro perseguono finalità educative,
culturali, sportive, religiose e di assistenza e solidarietà sociale,
nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)»
sono sostituite dalle seguenti: «di enti del Terzo settore di natura non
commerciale»;
b) all’articolo 10, primo comma, ai numeri 15), 19), 20) e 27-ter),
la parola «ONLUS» è sostituita dalle seguenti: «enti del Terzo settore
di natura non commerciale»
8. All’articolo 1, comma 3, della legge 22 giugno 2016, n. 112, le
parole: «organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui
all’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.
460, riconosciute come persone giuridiche, che operano
prevalentemente nel settore della beneficenza di cui al comma 1,
lettera a), numero 3), dell’articolo 10 del decreto legislativo 4
dicembre 1997, n. 460, anche ai sensi del comma 2-bis dello stesso
articolo» sono sostituite dalle seguenti: «enti del Terzo settore non
commerciali, che operano prevalentemente nel settore della
beneficenza di cui all’articolo 5, comma 1, lettera u)».
9. All’articolo 32, comma 7, della legge 11 agosto 2014 n. 125 è
aggiunto in fine il seguente periodo: «Le Organizzazioni non
governative di cui al presente comma sono iscritte nel Registro unico
nazionale del Terzo settore».
10. All’articolo 6, comma 9, della legge 22 giugno 2016, n. 112 le
parole «le agevolazioni di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto-
legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge
14 maggio 2005, n. 80, e i limiti ivi indicati sono elevati,
rispettivamente, al 20 per cento del reddito complessivo dichiarato e a
100.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «le agevolazioni
previste per le organizzazioni di volontariato ai sensi dell’articolo 83,
commi 1 e 2, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma
2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».
11. Ai soggetti che effettuano erogazioni liberali agli enti del Terzo
settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, nonché alle
cooperative sociali, non si applicano, per le medesime erogazioni
liberali, le disposizioni di cui all’articolo 15, comma 1.1. e all’articolo
100, comma 2, lettera h), del testo unico delle imposte sui redditi
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917.
12. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali
prevista dall’articolo 10, comma 1, lettera g), del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che
per le medesime erogazioni il soggetto erogante non usufruisca delle
detrazioni d’imposta di cui all’articolo 15, comma 1.1, del medesimo
testo unico.
13. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali
previste dall’articolo 100, comma 2, lettere a) e b), del testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che
per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non
usufruisca delle deduzioni previste dalla lettera h) del medesimo
articolo 100, comma 2.
14. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali
previste all’articolo 153, comma 6, lettere a) e b), del testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che
per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non
usufruisca delle detrazioni d’imposta previste dal comma 3 del
medesimo articolo 153.
15. Alle Fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto legislativo 29
giugno 1996, n. 367 e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, e
successive modificazioni, iscritte nel Registro unico nazionale del
Terzo settore, non si applica l’articolo 25, comma 5 del suddetto
decreto legislativo.
16. Alle associazioni che operano o che partecipano a manifestazioni
di particolare interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi ed
alle tradizioni delle comunità locali, iscritte nel Registro unico
nazionale del Terzo settore, non si applica l’articolo 1, commi
185, 186 e 187 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
17. In attuazione dell’articolo 115 del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo,
le regioni, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono attivare forme
speciali di partenariato con enti del Terzo settore che svolgono le
attività indicate all’articolo 5, comma 1, lettere f), i), k) o z),
individuati attraverso le procedure semplificate di cui all’articolo 151,
comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dirette alla
prestazione di attività di valorizzazione di beni culturali immobili di
appartenenza pubblica.
18. Le attività indicate all’articolo 79, comma 4, lett. a), fermo
restando il regime di esclusione dall’imposta sul valore aggiunto, sono
esenti da ogni altro tributo.
19. Alla legge 19 agosto 2016, n. 166, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all’articolo 2, comma 1, lettera b), le parole «i soggetti di cui
all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460» sono
sostituite dalle seguenti: «gli enti del Terzo settore non commerciali di
cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui
all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n.
106»;
b) all’articolo 16, comma 5, lettera a), numero 2, le parole «agli
enti pubblici, alle ONLUS e agli enti privati costituiti per il
perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche
e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i
rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività
d’interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di
beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità»
sono sostituite dalle seguenti: «ai soggetti di cui all’articolo 2, comma
1, lettera b), della legge 19 agosto 2016, n. 166.
20. All’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29
luglio 1982 n. 571, comma 6, le parole «i soggetti di cui
all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460» sono
sostituite dalle seguenti: «gli enti del Terzo settore non commerciali di
cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui
all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».
21. All’articolo 1, comma 236, della legge 27 dicembre 2013, n.
147 le parole «i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4
dicembre 1997, n. 460» sono sostituite dalle seguenti: «gli enti del
Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del
codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b),
della legge 6 giugno 2016, n. 106».
22. All’articolo 1, comma 1 della legge 25 giugno 2003, n. 155 le
parole «i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4
dicembre 1997, n. 460» sono sostituite dalle seguenti: «gli enti del
Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del
codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b),
della legge 6 giugno 2016, n. 106».
23. All’articolo 157, comma 1-bis, del decreto legislativo 24 aprile
2006, n. 219, sono apportate le seguenti modifiche:
a) le parole «organizzazioni non lucrative di utilità sociale
(ONLUS)» sono sostituite dalle seguenti: «enti del Terzo settore non
commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo
settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno
2016, n. 106»;
b) le parole «Alle ONLUS» sono sostituite dalle seguenti: «Agli enti
del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del
codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b),
della legge 6 giugno 2016, n. 106».
(87) Comma così modificato dall’ art. 31, comma 1, lett. a) e b),
D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai
sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs.
n. 105/2018.
(88) Comma così sostituito dall’ art. 14, comma 2, D.L. 30 aprile
2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n.58.

Titolo XI
Dei controlli e del coordinamento

Art. 90. Controlli e poteri sulle fondazioni del Terzo settore
1. I controlli e i poteri di cui agli articoli 25, 26 e 28 del codice civile
sono esercitati sulle fondazioni del Terzo settore dall’Ufficio del
Registro unico nazionale del Terzo settore.
Art. 91. Sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei componenti
degli organi amministrativi
1. In caso di distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di
gestione, fondi e riserve comunque denominate a un fondatore, un
associato, un lavoratore o un collaboratore, un amministratore o altro
componente di un organo associativo dell’ente, anche nel caso di
recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto
associativo, i rappresentanti legali e i componenti degli organi
amministrativi dell’ente del Terzo settore che hanno commesso la
violazione o che hanno concorso a commettere la violazione sono
soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a
20.000,00 euro.
2. In caso di devoluzione del patrimonio residuo effettuata in assenza
o in difformità al parere dell’Ufficio del Registro unico nazionale, i
rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi degli
enti del Terzo settore che hanno commesso la violazione o che hanno
concorso a commettere la violazione sono soggetti alla sanzione
amministrativa pecuniaria da 1.000,00 euro a 5.000,00 euro.
3. Chiunque utilizzi illegittimamente l’indicazione di ente del Terzo
settore, di associazione di promozione sociale o di organizzazione di
volontariato oppure i corrispondenti acronimi, ETS, APS e ODV, è
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500,00 euro a
10.000,00 euro. La sanzione medesima è raddoppiata qualora
l’illegittimo utilizzo sia finalizzato ad ottenere da terzi l’erogazione di
denaro o di altre utilità.
4. Le sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 e di cui al comma 5
dell’articolo 48 sono irrogate dall’Ufficio del Registro unico nazionale
del Terzo settore ai sensi dell’articolo 45.
5. Le somme dovute a titolo di sanzioni previste dal presente articolo
sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, secondo modalità da
definirsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Art. 92. Attività di monitoraggio, vigilanza e controllo
1. Al fine di garantire l’uniforme applicazione della disciplina
legislativa, statutaria e regolamentare applicabile agli Enti del Terzo
settore e l’esercizio dei relativi controlli, il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali:
a) vigila sul sistema di registrazione degli enti del Terzo settore nel
rispetto dei requisiti previsti dal presente codice e monitora lo
svolgimento delle attività degli Uffici del Registro unico nazione del
Terzo settore operanti a livello regionale;
b) promuove l’autocontrollo degli enti del Terzo settore
autorizzandone l’esercizio da parte delle reti associative nazionali
iscritte nell’apposita sezione del registro unico nazionale e dei Centri
di servizio per il volontariato accreditati ai sensi dell’articolo 61;
c) predispone e trasmette alle Camere, entro il 30 giugno di ogni
anno, una relazione sulle attività di vigilanza, monitoraggio e controllo
svolte sugli enti del Terzo settore anche sulla base dei dati acquisiti
attraverso le relazioni di cui all’articolo 95, commi 2 e 3, nonché sullo
stato del sistema di registrazione di cui alla lettera b).
2. Restano fermi i poteri delle amministrazioni pubbliche competenti
in ordine ai controlli, alle verifiche ed alla vigilanza finalizzati ad
accertare la conformità delle attività di cui all’articolo 5 alle norme
particolari che ne disciplinano l’esercizio.
Art. 93. Controllo
1. I controlli sugli enti del Terzo settore sono finalizzati ad accertare:
a) la sussistenza e la permanenza dei requisiti necessari
all’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore;
b) il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità
sociale;
c) l’adempimento degli obblighi derivanti dall’iscrizione al Registro
unico nazionale del Terzo settore;
d) il diritto di avvalersi dei benefici anche fiscali e del 5 per mille
derivanti dall’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore;
e) il corretto impiego delle risorse pubbliche, finanziarie e
strumentali, ad essi attribuite.
2. Alle imprese sociali si applicano le disposizioni contenute
nell’articolo 15 del decreto legislativo recante revisione della disciplina
in materia di impresa sociale, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c),
della legge 6 giugno 2016, n. 106.
3. L’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore
territorialmente competente esercita le attività di controllo di cui alle
lettere a), b) e c) del comma 1, nei confronti degli enti del Terzo
settore aventi sede legale sul proprio territorio, anche attraverso
accertamenti documentali, visite ed ispezioni, d’iniziativa,
periodicamente o in tutti i casi in cui venga a conoscenza di atti o fatti
che possano integrare violazioni alle disposizioni del presente codice,
anche con riferimento ai casi di cui al comma 1, lettera b). In caso di
enti che dispongano di sedi secondarie in regioni diverse da quella
della sede legale, l’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo
settore competente ai sensi del primo periodo può, ove necessario,
attivare forme di reciproca collaborazione e assistenza con i
corrispondenti uffici di altre regioni per l’effettuazione di controlli
presso le sedi operative, le articolazioni territoriali e gli organismi
affiliati degli enti di terzo settore interessati.
4. Le amministrazioni pubbliche e gli enti territoriali che erogano
risorse finanziarie o concedono l’utilizzo di beni immobili o strumentali
di qualunque genere agli enti del Terzo settore per lo svolgimento
delle attività statutarie di interesse generale, dispongono i controlli
amministrativi e contabili di cui alla lettera e) del comma 1 necessari
a verificarne il corretto utilizzo da parte dei beneficiari.
5. Le reti associative di cui all’articolo 41, comma 2 iscritte
nell’apposita sezione del Registro unico nazionale del Terzo settore e
gli enti accreditati come Centri di servizio per il volontariato previsti
dall’articolo 61, appositamente autorizzati dal Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, possono svolgere attività di controllo ai sensi del
comma 1, lettere a), b) e c) nei confronti dei rispettivi aderenti.
6. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 5, le reti
associative nazionali ed i Centri di servizio per il volontariato devono
risultare in possesso dei requisiti tecnici e professionali stabiliti con il
decreto di cui all’articolo 96, tali da garantire un efficace espletamento
delle attività di controllo. L’autorizzazione è rilasciata entro novanta
giorni dalla presentazione dell’istanza e mantiene validità fino alla
avvenuta cancellazione della rete associativa dall’apposita sezione del
Registro unico nazionale del Terzo settore, ai sensi dell’articolo 41, o
alla revoca dell’accreditamento del CSV, ai sensi dell’articolo 66 o fino
alla revoca della stessa autorizzazione di cui al comma 5, disposta in
caso di accertata inidoneità della rete associativa o del Centro di
servizio ad assolvere efficacemente le attività di controllo nei confronti
dei propri aderenti. Decorso il predetto termine di novanta giorni,
l’autorizzazione si intende rilasciata.
7. L’attività di controllo espletata dalle reti associative nazionali e dai
Centri di servizio per il volontariato autorizzati ai sensi del presente
articolo è sottoposta alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali.
Art. 94. Disposizioni in materia di controlli fiscali
1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del titolo X
l’Amministrazione finanziaria esercita autonomamente attività di
controllo in merito al rispetto di quanto previsto dagli articoli 8, 9, 13,
15, 23, 24 nonché al possesso dei requisiti richiesti per fruire delle
agevolazioni fiscali previste per i soggetti iscritti nel Registro unico
nazionale del Terzo settore di cui all’articolo 45, avvalendosi dei poteri
istruttori previsti dagli articoli 32 e 33 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dagli
articoli 51 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633 e, in presenza di violazioni, disconosce la spettanza del
regime fiscale applicabile all’ente in ragione dell’iscrizione nel Registro
unico nazionale del Terzo settore. L’ufficio che procede alle attività di
controllo ha l’obbligo, a pena di nullità del relativo atto di
accertamento, di invitare l’ente a comparire per fornire dati e notizie
rilevanti ai fini dell’accertamento. L’ufficio del Registro unico nazionale
del Terzo settore trasmette all’Amministrazione finanziaria gli esiti dei
controlli di competenza, ai fini dell’eventuale assunzione dei
conseguenti provvedimenti.
2. L’Amministrazione finanziaria, a seguito dell’attività di controllo,
trasmette all’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore ogni
elemento utile ai fini della valutazione in merito all’eventuale
cancellazione dal Registro unico di cui all’articolo 45 ove ne ricorrano i
presupposti.
3. Resta fermo il controllo eseguito dall’ufficio del Registro Unico
nazionale del Terzo settore ai fini dell’iscrizione, aggiornamento e
cancellazione degli enti nel Registro medesimo.
4. Agli enti del Terzo settore non si applicano le disposizioni di cui
all’articolo 30 del decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito,
con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e comunque tali
enti non sono tenuti alla presentazione dell’apposito modello di cui al
comma 1 del medesimo articolo 30.
Art. 95. Vigilanza
1. La funzione di vigilanza, esercitata dal Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, è finalizzata a verificare il funzionamento del sistema
di registrazione degli enti del Terzo settore e del sistema dei controlli
al fine di assicurare principi di uniformità tra i registri regionali
all’interno del Registro unico nazionale e una corretta osservanza della
disciplina prevista nel presente codice.
2. A tal fine, entro il 15 marzo di ogni anno le Regioni e le Province
autonome trasmettono al Ministero del lavoro e delle politiche sociali
una relazione sulle attività di iscrizione degli enti al Registro unico
nazionale del Terzo settore e di revisione periodica con riferimento ai
procedimenti conclusi nell’anno precedente e sulle criticità emerse,
nonché sui controlli eseguiti nel medesimo periodo e i relativi esiti.
3. L’Organismo nazionale di controllo di cui all’articolo 64 trasmette al
Ministero del lavoro e delle politiche sociali la relazione annuale sulla
propria attività e sull’attività e lo stato dei Centri di servizio per il
volontariato entro il termine previsto nel medesimo articolo.
4. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può effettuare
verifiche, anche in loco avvalendosi degli Ispettorati territoriali del
lavoro, o a campione, sulle operazioni effettuate e sulle attività svolte
dagli enti autorizzati al controllo, ai sensi dell’articolo 80 93, dirette al
soddisfacimento delle finalità accertative espresse nel comma 1.
5. La vigilanza sugli enti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a),
della legge 19 novembre 1987, n. 476 è esercitata dal Ministero del
lavoro e delle politiche sociali. Negli organi di controllo di tali enti deve
essere assicurata la presenza di un rappresentante
dell’Amministrazione vigilante. Gli enti medesimi trasmettono al
Ministero del lavoro e delle politiche sociali il bilancio di cui all’articolo
13 entro dieci giorni dalla sua approvazione. Al Ministero del lavoro e
delle politiche sociali sono trasferite le competenze relative alla
ripartizione dei contributi di cui all’articolo 2, comma 466, della legge
24 dicembre 2007, n. 244 e successive modificazioni.
Art. 96. Disposizioni di attuazione
1. Ai sensi dell’articolo 7, comma 4, della legge 6 giugno 2016, n.
106, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
sentito il Ministro dell’interno e previa intesa in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano, sono definiti le forme, i contenuti, i
termini e le modalità per l’esercizio delle funzioni di vigilanza,
controllo e monitoraggio, le modalità di raccordo con le altre
Amministrazioni interessate e gli schemi delle relazioni annuali. Con il
medesimo decreto sono altresì individuati i criteri, i requisiti e le
procedure per l’autorizzazione all’esercizio delle attività di controllo da
parte delle reti associative nazionali e dei Centri di servizio per il
volontariato, le forme di vigilanza da parte del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali sui soggetti autorizzati, nonché i criteri, che
tengano anche conto delle dimensioni degli enti da controllare e delle
attività da porre in essere, per l’attribuzione ai soggetti autorizzati ad
effettuare i controlli ai sensi dell’articolo 93, delle relative risorse
finanziarie, entro il limite massimo di 5 milioni di euro annui, a
decorrere dall’anno 2019.
Art. 97. Coordinamento delle politiche di governo
1. E’ istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una
Cabina di regia con il compito di coordinare, in raccordo con i ministeri
competenti, le politiche di governo e le azioni di promozione e di
indirizzo delle attività degli enti del Terzo settore.
2. Ai fini di cui al comma 1, la Cabina di regia:
a) coordina l’attuazione del presente codice al fine di assicurarne
la tempestività, l’efficacia e la coerenza ed esprimendo, là dove
prescritto, il proprio orientamento in ordine ai relativi decreti e linee
guida;
b) promuove le attività di raccordo con le amministrazioni
pubbliche interessate, nonché la definizione di accordi, protocolli di
intesa o convenzioni, anche con enti privati, finalizzati a valorizzare
l’attività degli enti del Terzo settore e a sviluppare azioni di sistema;
c) monitora lo stato di attuazione del presente codice anche al fine
di segnalare eventuali soluzioni correttive e di miglioramento.
3. La composizione e le modalità di funzionamento della Cabina di
regia sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, da adottare, di concerto con il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del
presente codice, assicurando la presenza di rappresentanti del sistema
degli enti territoriali. La partecipazione alla Cabina di regia è gratuita e
non dà diritto alla corresponsione di alcun compenso, indennità,
emolumento o rimborso spese comunque denominato. (89)
4. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
(89) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi
il D.P.C.M. 11 gennaio 2018.

Titolo XII
Disposizioni transitorie e finali

Art. 98. Modifiche al codice civile
1. Dopo l’articolo 42 del codice civile, è inserito il seguente:
«Art. 42-bis (Trasformazione, fusione e scissione). – Se non è
espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, le
associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al
presente titolo possono operare reciproche trasformazioni, fusioni o
scissioni.
La trasformazione produce gli effetti di cui all’articolo 2498. L’organo
di amministrazione deve predisporre una relazione relativa alla
situazione patrimoniale dell’ente in via di trasformazione contenente
l’elenco dei creditori, aggiornata a non più di centoventi giorni
precedenti la delibera di trasformazione, nonché la relazione di cui
all’articolo 2500-sexies, secondo comma. Si
applicano inoltre gli articoli 2499, 2500, 2500-bis, 2500-ter, secondo
comma, 2500-quinquies e 2500-nonies, in quanto compatibili.
Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni
di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto
compatibili.
Gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i
quali il libro V prevede l’iscrizione nel Registro delle imprese sono
iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti
del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore.».
Art. 99. Modifiche normative
1. Al decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178 sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, comma 1, le parole: «nei registri regionali e
provinciali delle associazioni di promozione sociale, applicandosi ad
essa, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto,
la legge 7 dicembre 2000, n. 383» sono sostituite dalle seguenti:
«nella sezione organizzazioni di volontariato del registro unico
nazionale del Terzo settore, applicandosi ad essa, per quanto non
diversamente disposto dal presente decreto, il codice del Terzo settore
di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n.
106»;
b) all’articolo 1, comma 6, le parole: «L’utilizzazione da parte della
Associazione delle risorse disponibili a livello nazionale, regionale e
locale per le Associazioni di promozione sociale è condizionata
all’emanazione di un decreto del Ministro della salute, di concerto con
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano, con il quale è stabilita la misura massima della medesima
utilizzazione» sono soppresse;
c) all’articolo 1-bis, le parole: «nei registri provinciali delle
associazioni di promozione sociale, applicandosi ad essi, per quanto
non diversamente disposto dal presente decreto, la legge 7 dicembre
2000, n. 383» sono sostituite dalle seguenti: «nella sezione
organizzazioni di volontariato del registro unico nazionale del Terzo
settore, applicandosi ad essi, per quanto non diversamente disposto
dal presente decreto, il codice del Terzo settore di cui all’articolo 1,
comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».
2. All’articolo 26, comma 2, della legge 11 agosto 2014 n. 125 le
parole «Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)» sono
sostituite dalle seguenti «enti del Terzo settore (ETS) non commerciali
di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui
all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».
3. A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al
31 dicembre 2017 e fino all’abrogazione di cui all’articolo 102, comma
2, lettera h), all’articolo 14, comma 1, del decreto-legge 14 marzo
2005, n. 35 dopo le parole: «Le liberalità in denaro o in natura
erogate da persone fisiche o da enti soggetti all’imposta sul reddito
delle società» sono soppresse le seguenti «in favore di organizzazioni
non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10, commi 1, 8 e 9,
del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, nonché quelle
erogate in favore di associazioni di promozione sociale iscritte nel
registro nazionale previsto dall’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 7
dicembre 2000, n. 383,». (90) (91)
(90) Comma così modificato dall’ art. 5-ter, comma 1, D.L. 16 ottobre
2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017,
n. 172.
(91) Sull’applicabilità delle disposizioni di carattere fiscale richiamate
nel presente comma, vedi l’ art. 5-sexies, comma 1, D.L. 16 ottobre
2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017,
n. 172.
Art. 100. Clausola di salvaguardia per le Province autonome
1. Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a
statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di
attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3.
2. Tenendo conto della tutela delle minoranze, prevista dall’articolo 6
della Costituzione e dallo Statuto di Autonomia, la Provincia autonoma
di Bolzano disciplina l’istituzione e la tenuta del registro unico del
Terzo settore e l’utilizzo degli acronimi di cui al presente codice,
nonché le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo pubblico di cui
al presente codice del terzo settore, nel rispetto dei principi previsti
dagli articoli 99 e 100 del testo unico di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670.
Art. 101. Norme transitorie e di attuazione
1. Ogni riferimento nel presente decreto al Consiglio nazionale del
Terzo settore diviene efficace dalla data di adozione del decreto di
nomina dei suoi componenti ai sensi dell’articolo 59, comma 3. Ogni
riferimento nel presente decreto al Registro unico nazionale del Terzo
settore diviene efficace dalla sua operatività ai sensi dell’articolo 53,
comma 2.
2. Fino all’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore,
continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti
derivanti dall’iscrizione degli enti nei Registri Onlus, Organizzazioni di
Volontariato, Associazioni di promozione sociale che si adeguano alle
disposizioni inderogabili del presente decreto entro il 31 maggio 2021.
Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri statuti
con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni
dell’assemblea ordinaria al fine di adeguarli alle nuove disposizioni
inderogabili o di introdurre clausole che escludono l’applicazione di
nuove disposizioni derogabili mediante specifica clausola
statutaria. (92) (95)
3. Il requisito dell’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo
settore previsto dal presente decreto, nelle more dell’istituzione del
Registro medesimo, si intende soddisfatto da parte delle reti
associative e degli enti del Terzo settore attraverso la loro iscrizione
ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore.
4. Le reti associative, ove necessario, integrano, entro diciotto mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il proprio statuto
secondo le previsioni di cui all’articolo 41, comma 1, lettera b) e
comma 2, pena l’automatica cancellazione dal relativo registro.
5. I comitati di gestione di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto del
Ministro del tesoro 8 ottobre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 241 del 15 ottobre 1997, sono sciolti dalla data di costituzione dei
relativi OTC, e il loro patrimonio residuo è devoluto entro novanta
giorni dallo scioglimento al FUN, nell’ambito del quale conserva la sua
precedente destinazione territoriale. I loro presidenti ne diventano
automaticamente i liquidatori. Al FUN devono inoltre essere versate
dalle FOB, conservando la loro destinazione territoriale, tutte le risorse
maturate, ma non ancora versate, in favore dei fondi speciali di cui
all’articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
6. In sede di prima applicazione del presente decreto e fino al 31
dicembre 2017, sono accreditati come CSV gli enti già istituiti come
CSV in forza del decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997.
Successivamente a tale data, tali enti, o eventualmente l’ente
risultante dalla loro fusione o aggregazione, sono valutati ai fini
dell’accreditamento in base alle disposizioni del presente decreto. Nel
caso di valutazione negativa, si procede all’accreditamento di altri enti
secondo le norme del presente decreto. All’ente già istituito CSV in
forza del decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997, che non
risulti accreditato sulla base delle norme del presente decreto, si
applica, per quanto attiene agli effetti finanziari e patrimoniali,
l’articolo 63, commi 4 e 5.
7. Il divieto di cui all’articolo 61, comma 1, lettera j), non si applica
alle cariche sociali in essere al momento dell’entrata in vigore del
presente decreto e fino alla naturale scadenza del relativo mandato,
così come determinato dallo statuto al momento del conferimento.
8. La perdita della qualifica di ONLUS, a seguito dell’iscrizione nel
Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore, anche in qualità
di impresa sociale, non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente ai
sensi e per gli effetti di quanto previsto dagli articoli 10, comma 1,
lettera f), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e
articolo 4, comma 7, lettera b), del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Per gli enti associativi, l’iscrizione
nel Registro unico nazionale del Terzo settore, anche in qualità di
impresa sociale, non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente, ai
sensi e per gli effetti di quanto previsto dal comma 8 dell’articolo 148
del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986. Le disposizioni che
precedono rilevano anche qualora l’iscrizione al Registro unico
nazionale del Terzo settore avvenga prima dell’autorizzazione della
Commissione europea di cui al comma 10.
9. Tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 7,
della legge 6 giugno 2016, n. 106, a far data dall’entrata in vigore
delle disposizioni contenute nel presente decreto è svolto uno specifico
monitoraggio, coordinato dalla Cabina di regia di cui all’articolo 97,
con l’obiettivo di raccogliere e valutare le evidenze attuative che
emergeranno nel periodo transitorio ai fini della introduzione delle
disposizioni integrative e correttive dei decreti attuativi.
10. L’efficacia delle disposizioni di cui agli articoli 77, 79, comma 2-
bis, 80 e 86 è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione
della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali. (93)
11. Al fine di aumentare il numero dei volontari da avviare al servizio
civile universale, la dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile
di cui all’articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230, è incrementata
di 82 milioni di euro per l’anno 2018, di 47,2 milioni di euro per l’anno
2019, di 42,1 milioni di euro per l’anno 2020 e di 10,2 milioni di euro
annui a decorrere dal 2022. (94)
12. I decreti di cui agli articoli 6 comma 1, 7 comma 2, 13 comma 3,
14 comma 1, 18 comma 2, 19 comma 2, 46 comma 3, 47 comma 5,
53 comma 1, 59 comma 3, 62 comma 6, 54 comma 1, 64 comma 3,
65 comma 4, 76 comma 4, 77 comma 15, 78 comma 3, 81 comma 7,
83 comma 2, e 96 comma 1 ove non diversamente disposto, sono
emanati entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto.
(92) Comma modificato dall’ art. 32, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018,
n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art.
35, comma 1, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con
modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, dall’ art. 1, comma 4-
novies, D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni,
dalla L. 27 novembre 2020, n. 159, e dall’ art. 14, comma 2, D.L. 22
marzo 2021, n. 41.
(93) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 5, D.L. 23
ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17
dicembre 2018, n. 136.
(94) Per la rideterminazione dell’autorizzazione di spesa di cui al
presente comma, vedi l’ art. 24-ter, comma 6, D.L. 23 ottobre 2018,
n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n.
136.
(95) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l’ art. 43,
comma 4-bis, D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con
modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58.
Art. 102. Abrogazioni
1. Sono abrogate le seguenti disposizioni salvo quanto previsto ai
commi 2, 3 e 4:
a) la legge 11 agosto 1991, n. 266, e la legge 7 dicembre 2000, n.
383;
a-bis) l’articolo 1, comma 1, lettera b) e comma 2, e gli articoli
2 e 3 della legge 19 novembre 1987, n. 476; (97)
b) gli articoli 2, 3, 4 e 5, della legge 15 dicembre 1998, n. 438;
c) il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14
settembre 2010, n. 177;
d) il decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997, recante
«Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato
presso le regioni»;
e) l’articolo 100, comma 2, lettera l), del testo unico delle imposte
sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917;
f) l’articolo 15, comma 1, lettera i-quater), del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
g) l’articolo 15, comma 1, lettera i-bis) del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. (96)
2. Sono altresì abrogate le seguenti disposizioni a decorrere dal
termine di cui all’articolo 104, comma 2:
a) gli articoli da 10 a 29 del decreto legislativo 4 dicembre 1997,
n. 460, fatto salvo l’articolo 13, commi 2, 3 e 4;
b) l’articolo 20-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600;
c) l’articolo 150 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917;
d) l’articolo 8, comma 2, primo periodo e comma 4 della legge 11
agosto 1991, n. 266;
e) l’articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66;
f) l’articolo 2, comma 31, della legge 24 dicembre 2003, n. 350;
g) gli articoli 20 e 21 della legge n. 383 del 7 dicembre 2000;
h) l’articolo 14, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto-legge 14
marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14
maggio 2005, n. 80.
3. Le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 2, della legge 11
agosto 1991, n. 266, all’articolo 13 della legge 7 dicembre 2000, n.
383, e all’articolo 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n.
342, sono abrogate a decorrere dalla data di efficacia del decreto del
Ministro dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 103, comma 2,
finalizzato a dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 73, comma
1.
4. Le disposizioni di cui all’articolo 6, della legge 11 agosto 1991, n.
266, agli articoli 7, 8, 9 e 10 della legge 7 dicembre 2000, n. 383,
nonché il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14
novembre 2001, n. 471, sono abrogate a decorrere dalla data di
operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, ai sensi
dell’articolo 53.
(96) Sull’applicabilità delle disposizioni di carattere fiscale richiamate
nel presente comma, vedi l’ art. 5-sexies, comma 1, D.L. 16 ottobre
2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017,
n. 172.
(97) Lettera inserita dall’ art. 33, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n.
105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto
dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
Art. 103. Disposizioni finanziarie
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 53, 62, 72, 77, 79,
80, 81, 82 e 83, 84, 85, 86, 96 e 101, pari a 40 milioni di euro per
l’anno 2017, a 163 milioni di euro per l’anno 2018, a 166,1 milioni di
euro annui a decorrere dall’anno 2019, si provvede mediante
corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo
1, comma 187, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
2. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, e
all’articolo 73, comma 1, il Ministro dell’economia e delle finanze è
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
3. Dall’attuazione delle ulteriori disposizioni del presente decreto non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle
disposizioni con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili
a legislazione vigente.
Art. 104. Entrata in vigore (98)
1. Le disposizioni di cui agli articoli 77, 78, 81, 82, 83 e 84, comma
2, 85 comma 7 e dell’articolo 102, comma 1, lettere e), f) e g) si
applicano in via transitoria a decorrere dal periodo di imposta
successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 e fino al periodo
d’imposta di entrata in vigore delle disposizioni di cui al titolo X
secondo quanto indicato al comma 2, alle Organizzazioni non lucrative
di utilità sociale di cui all’articolo 10, del decreto legislativo 4 dicembre
1997, n. 460 iscritte negli appositi registri, alle organizzazioni di
volontariato iscritte nei registri di cui alla legge 11 agosto 1991, n.
266, e alle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri
nazionali, regionali e delle provincie autonome di Trento e Bolzano
previsti dall’articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383.
2. Le disposizioni del titolo X, salvo quanto previsto dal comma 1, si
applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo
settore a decorrere dal periodo di imposta successivo
all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101,
comma 10, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo
di operatività del predetto Registro.
3. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.